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Dolomiti Friulane, paradiso per gli appassionati di attività outdoor

Dolomiti Friulane, paradiso per gli appassionati di attività outdoor
12 Luglio 2016

Trekking, escursioni, arrampicata, vie ferrate, speleologia, canyoning, cicloturismo, MTB, parapendio e tante altre attività outdoor per una vacanza immersi nello scenario straordinario de I 50 rifugi più belli del Friuli Venezia Giulia .

Dolomiti d’oltre Piave o Dolomiti Friulane? Se la prima definizione è stata coniata da geografi e alpinisti che guardavano dal cuore delle Dolomiti, la seconda si deve agli appassionati di montagna del Friuli. Comunque la si chiami, la catena al confine tra le valli friulane e venete, e che prosegue a sud con le cime dell’Alpago e l’altopiano del Cansiglio, offre paesaggi tipicamente dolomitici, e permette di inoltrarsi in ambienti selvaggi.

Diretta da nord est a sud ovest la catena, tutelata sul versante orientale dal Parco delle Dolomiti Friulane, culmina nei 2703 metri della Cima dei Preti, seguita dal Monte Duranno, dal Monte Crìdola e dal Col Nudo. L’ultima elevazione di rilievo è il Cimon del Cavallo, raggiunto nel 1726 dai botanici veneziani Pietro Stefanelli e Giovanni Zanichelli, protagonisti di uno dei primi exploit dell’alpinismo europeo.
Popolato dal camoscio, dal capriolo, dallo stambecco, dal cervo, dall’aquila e dal gallo cedrone, il Parco ospita il falco pecchiaiolo, la civetta capogrosso, il picchio nero e alcuni orsi arrivati dalla Slovenia e dal Tarvisiano. Tra le rarità botaniche sono specie glaciali relitte come la genziana di Froelich e la pianella della Madonna.

A rendere tristemente celebri queste valli, nel 1963, è stata la frana di 270 milioni di metri cubi di roccia che precipitò dal Monte Toc nel lago artificiale del Vajont, e causò l’ondata di piena che uccise duemila persone tra Longarone, Erto e Casso. In tempi più recenti sono stati i libri di Mauro Corona, scrittore, guida alpina e scultore, a diffondere la conoscenza della zona.
Aspre e solitarie come le loro vicine, queste montagne assumono nel loro settore meridionale forme tipicamente prealpine. Ai loro piedi, il Bosco del Cansiglio, fonte di legname pregiato a poca distanza dalla pianura, ha rifornito per secoli l’Arsenale di Venezia.

Piccoli rifugi tra montagne selvagge

Raccontano del lavoro dell’uomo ai piedi delle vette i centri storici della valle del Piave e dell’Alpago sul versante veneto, e della valle del Tagliamento in Friuli, e le decine di malghe e casere spesso abbandonate. Gli escursionisti e alpinisti friulani trovano su queste montagne selvagge alcuni dei loro rifugi più amati (tra questi il Flaiban-Pacherini, il Maniago e il Giaf), e una trentina tra bivacchi fissi e casere riadattate.

Il primo rifugio del versante veneto è stato il Padova, inaugurato nel 1910 dal CAI, distrutto da una valanga nel 1931 e ricostruito in seguito. Il primo punto di appoggio del versante friulano è invece il rifugio Pordenone, classe 1930, che appartiene anche oggi al Club Alpino Italiano. Altri rifugi sono nati intorno alla Seconda Guerra Mondiale. Negli anni Settanta e Ottanta è stata la volta dei bivacchi. Da qualche anno, invece, si dà la precedenza alla ristrutturazione di casere in abbandono.

Più confortevoli, ma altrettanto sorprendenti, il rifugio Casera Ditta nella selvaggia e solitaria Val Mesath, e il rifugio Cava Buscada, nato in territorio di Erto, accanto a una cava di marmo in abbandono.

rifugio-Giaf