Col di Lana, Col di sangue: le mine della Grande Guerra

La pagina di storia raccontata da Stefano Ardito sulla impressionante Guerra di Mine nel volume La Grande Guerra. Guida ai luoghi del 1915-18.
Il Passo Falzarego
A 2105 metri, è uno snodo fondamentale delle Dolomiti. La celebre strada che lo raggiunge da Cortina offre straordinari panorami sulla Tofana di Rozes. Come quella che sale al valico da Livinallongo e dai ruderi del castello di Andraz, fa parte della Strada delle Dolomiti, un tracciato costruito tra il 1908 e il 1911 dalle autorità austro-ungariche per favorire il turismo, ma anche a scopi militari.
Una strada sale verso nord dal Falzarego fino al Passo di Valparola, poi scende verso la Val Badia e Brunico. Per il viaggiatore di oggi, quei tornanti sono un invito a dirigersi verso la Val Pusteria, il Brennero, il Tirolo.
A ovest dei Passi Falzarego e di Valparola, un’altra strada collega la valle del Cordevole (e quindi Agordo, Belluno e la pianura veneta) con la Val Pusteria. Tocca Pieve di Livinallongo, borgo di cultura ladina, appartenente fino al 1915 all’Impero di Austria-Ungheria, e poi Arabba, oggi celebre per lo sci. Poi continua fino al Passo di Costalunga, e si affaccia sulla Val Badia.
Le strade che abbiamo citato non corrono in pianura. Su quella del Falzarego e di Valparola, come due bastioni naturali, si affacciano la prua di dolomia del Sass di Stria e le pareti del Piccolo Lagazuoi. Il tracciato che si dirige da Caprile verso Livinallongo e Arabba traversa ai piedi del Col di Lana, un imponente vulcano spento.
Intorno a queste cime e a questi passi, tra il maggio del 1915 e la fine di ottobre del 1917, quando la sconfitta di Caporetto costringe il Regio Esercito ad abbandonare le Dolomiti, si combattono alcune delle battaglie più note della Grande Guerra sulle Alpi.
Un’occasione sprecata
Nei primi giorni del conflitto, l’esercito austro-ungarico è impegnato sul fronte orientale, e i valichi sono presidiati poco e male. Un attacco deciso potrebbe portare le truppe italiane in Val Badia e forse al Brennero, ma i generali in grigioverde esitano.
Il 5 giugno 1915 il Forte di Valparola, sull’omonimo Passo, viene colpito e reso inservibile da una cannonata italiana. Qualche giorno più tardi gli Alpini occupano il Sass di Stria, ma un ordine li costringe a ritirarsi. Intanto, oltre alle milizie locali, salgono a presidiare i valichi i militari dell’Alpenkorps tedesco. Lo spazio per un’offensiva vittoriosa si chiude.
Nei due anni e mezzo che seguono, gli italiani non riescono a superare la barriera formata dal Col di Lana, dal Sass di Stria e dal Lagazuoi. Nel 1916 l’occupazione italiana della Cengia Martini, che taglia la parete del Lagazuoi, mette i fanti e gli Alpini in grado di sparare dall’alto sugli austro-ungarici, ma non permette ulteriori avanzate.
Per scardinare le difese nemiche, i comandi italiani ricorrono alle mine. Sul Col di Lana, che dopo molti attacchi falliti è stato soprannominato “Col di Sangue”, una mina italiana esplode alle 23.35 del 17 aprile 1916. Cinque tonnellate di gelatina trasformano la vetta in un cratere. Circa 120 tra soldati e ufficiali austro-ungarici vengono fatti a pezzi.
Gli italiani avanzano, ma non riescono a proseguire verso il Monte Sief, la cima settentrionale del Col di Lana, presidiata da altri reparti austro-ungarici.
Due mesi più tardi, il 20 giugno, un’altra gigantesca mina (32 tonnellate di esplosivo) cambia il profilo del Lagazuoi. Il re Vittorio Emanuele III e il generale Luigi Cadorna osservano l’esplosione dalle trincee delle Cinque Torri tra decine di generali e colonnelli. Anche in questo caso, però, le truppe in grigioverde non riescono a occupare la cima. La Val Badia e la Val Pusteria restano un miraggio lontano.
Nell’autunno del 1917, lo sfondamento austro-ungarico a Caporetto allontana il conflitto dalle Dolomiti. Nell’anno che trascorre prima della fine della guerra, quando i monti intorno a Passo Falzarego diventano definitivamente italiani, i genieri e i topografi imperiali mappano i tunnel e le postazioni della zona.
Ottant’anni dopo, gli schizzi conservati negli archivi militari di Vienna vengono utilizzati per restaurare le postazioni del Lagazuoi. Ai lavori, accanto agli Alpini, partecipano reparti di Gebirgsäger tedeschi, nemici di ottant’anni prima, diventati fratelli nel ricordo. Segue il restauro del Forte di Valparola. Al suo interno Loris Lancedelli, figlio di un recuperante di Cortina, inaugura un bel museo dedicato alla Grande Guerra nella zona.
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