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La vera storia della prima Traversata delle Tre Vette al Corno Grande

La vera storia della prima Traversata delle Tre Vette al Corno Grande
4 Dicembre 2015

“Nell’estate del 1989, dopo avere salito la splendida Alessandri-Leone alla Vetta Occidentale, ho percorso la traversata nella direzione poco usuale, e cioè da Ovest verso Est. In quel periodo, per le vie storiche usavo ancora la guida del Cai-Tci, edita nel 1972, di Carlo Landi Vittorj e Stanislao Pietrostefani che, nelle note storiche dell’itinerario 134 r, a pagina 186 scrive: “La prima traversata da Ovest verso Est fu effettuata nel luglio 1910 da O. Schmidt e K. Riebeling, omettendo però la salita del Torrione Cambi che fu aggirato dalla Forchetta del Calderone per il grande terrazzo della parete Nord-Ovest”.
Mentre scendevo la dentellata cresta Est-Nord-Est della Vetta Occidentale (il primo tratto della traversata), rimasi colpito dall’evidente, logico e diretto camino che solca la parete Ovest del Torrione Cambi fin nei pressi della vetta. […]
Sempre in quel periodo nella Scuola del Cai ho iniziato a tenere lezioni sulla storia dell’alpinismo. Illustravo con entusiasmo le gesta di Adolf Schulze in Algovia, dei fratelli Steiner sulla Sud del Dachstein, di Rudolf Fehrmann nell’Elbsandsteingebirge e sulle Dolomiti, dei viennesi Mayer e Angelo Dibona sulla Nord della Lalidererwand, di Paul Preuss e Hans Dülfer nel Kaisergebirge e Dolomiti. Parliamo degli splendidi anni che precedono la Prima Guerra Mondiale, parliamo di capiscuola che sicuramente influenzarono i soci dell’allora unito Club Alpino Austro-Tedesco, riferimenti culturali certi per la parte più attiva ed evoluta degli arrampicatori di Austria e Germania.

Ed è qui che si è insinuato lentamente il dubbio sul percorso effettivo seguito nella prima traversata. Mi domandavo come fosse possibile che, scendendo dalla Cresta Est-Nord-Est, i due stranieri non avessero notato e quindi tentato il camino che avrebbe dato alla loro impresa eleganza, maggiore difficoltà e una linearità estetica al limite della perfezione. Questi erano i valori e parametri di riferimento dell’epoca in chi tentava nuove salite o traversate; ma la mia “Bibbia” diceva tutt’altro ed io, umile arrampicatore di provincia, non potevo far altro che crederci. Sono passato tante altre volte da quelle parti, d’estate e d’inverno, in un senso o nell’altro, ma dalla cresta Est-Nord-Est un solo pensiero, quel camino così evidente sulla Ovest del Cambi non poteva essere sfuggito ai due “cacciatori di vette” venuti dal nord, appartenenti a un ambiente alpinistico evoluto, più avanti del nostro all’epoca di almeno 10-15 anni.

TRE-VETTE-TRACCIATO
Nel 2004 ad un corso di roccia, tenendo la mia solita lezione teorica sulla storia dell’alpinismo, ho conosciuto Ilona Mesits, austriaca di nascita, ma dal 1989 italiana d’adozione. Quel giorno abbiamo arrampicato insieme e alla fine di una bella giornata le ho promesso che prima o poi l’avrei accompagnata al Corno Grande, sulle orme dei suoi connazionali. Finalmente nel 2007 riusciamo nel nostro intento e da quel giorno Ilona, senza esitazione, si lancia sulle orme dei due, finché nel 2008, scova e traduce il racconto-relazione di Riebeling e me lo invia per mail. Che emozione! Finalmente ho davanti a me lo scritto che avrebbe potuto chiarire una volta per sempre un dubbio nato in quel lontano 1989 e consolidatosi nel corso degli anni, diventando pura ossessione. Leggo lo scritto alla velocità della luce, lo rileggo tante volte per paura di non aver capito bene, alla fine gioisco profondamente per una conferma venuta direttamente dalla penna di uno dei protagonisti.
Ilona non conosceva il tratto in questione, perché lei è passata dalla grande terrazza; la sua traduzione, dura e pura, senza condizionamenti, ci fa conoscere uno dei passaggi chiave dell’intera ascensione descritto con maestria e passione: “…una stretta fessura… ci condusse comodamente alla selletta successiva, il punto più basso della cresta. Da qui si raggiungeva facilmente il nevaio che si trovava sulla sinistra. Davanti a noi si innalzava ripido e respingente il torrione. Dopo che il tentativo di superare il suo spigolo fallì miseramente, ci voltammo a destra e scendemmo per alcuni metri un ripido canale pieno di neve. Poi Schmidt iniziò ad arrampicarsi su per un camino”. “…il camino si trasformò in un canalino, la cui roccia friabile e poco affidabile ci era saltata all’occhio già da lontano per il suo colore rosso. Più in alto il canalino si trasformò nuovamente in un camino che si restringeva sempre di più fino a formare una fessura molto stretta… …Su facili roccette raggiungemmo la vetta del torrione”. […]
Che dire? Veder dissipare un dubbio storico è cosa sublime e indescrivibile allo stesso tempo. Ma se di mezzo c’è il Gran Sasso d’Italia e le sue più alte vette, per noi del centro-sud lo è ancora di più.”

Francesco Burattini