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Mese: Luglio 2020

La Via ferrata delle Meisules | Sella | Dolomiti

La ferrata delle Meisules, entusiasmante ma molto impegnativa, descritta da Federica Pellegrino e Marco Corriero nella guida Le 50 vie ferrate più belle delle Dolomiti.

La ferrata delle Meisules, una delle più antiche delle Dolomiti, approntata nel 1912 dal club alpino tedesco di Pößneck, è nota anche con il nome di Pößnecker Steig. Oltre un secolo di alpinismo ne ha usurato le prese rendendole lisce come acquasantiere. Segue infatti l’ardito tracciato della via di roccia aperta nel 1907 da Haupt e Mayr sul versante nordovest del Sella e raggiunge l’altopiano delle Mëisules, l’immenso tavolato bianco che appiattisce la sommità del massiccio, conferendogli una precisa e inconfondibile individualità.

Lunga e alpina, la via è entusiasmante ma molto impegnativa, soprattutto nella prima parte, con pareti verticali e passaggi esposti anche non assicurati. Si sviluppa su un versante in ombra al mattino e le sue pareti, spesso bagnate, nelle giornate più fredde possono risultare ghiacciate e quindi insidiose se non impraticabili. Viceversa, il pianoro sommitale cui si giunge può rivelarsi torrido nelle ore centrali delle giornate estive e può facilmente caricarsi di nubi che, avvolgendolo, confondono l’orientamento.

Il tracciato è inoltre completamente privo di fonti d’acqua. Per queste e altre ragioni, legate alla lunghezza, alla quota elevata e all’assenza di vie di fuga, la ferrata va affrontata solo in condizioni meteorologiche stabili, in buona forma fisica e con una gran riserva d’acqua nello zaino.

Scheda tecnica della ferrata delle Meisules

Meta Piz Selva, 2941 m
Caratteristiche via lunga e alpina con tratti ferrati esposti e passaggi in arrampicata non assicurati. Roccia solida, infissi vetusti. Fonti d’acqua assenti. Da intraprendere solo con meteo stabile.
Difficoltà 4 – TD
Quote partenza da Passo Sella: 2240 m; attacco: 2290 m; uscita: 2941 m
Dislivello ferrata: 500 m; dislivello complessivo: 700 m
Tempo Avvicinamento: 30 min; ferrata: 3 ore; discesa: 3 ore. Tempo complessivo: 6.30 ore
Periodo consigliato da inizio giugno a ottobre.
Esposizione Nord-Ovest
Punti d’appoggio Rifugio Franco Cavazza al Pisciadù, tel. 0471 836292
Cartografia Tabacco, scala 1:25.000, foglio 06, Val di Fassa e Dolomiti Fassane
Segnaletica Segnavia (649 in salita, 649 e 666 in discesa), bolli rossi.

Accesso

Questo itinerario prevede punti di partenza e di arrivo distinti. È consigliabile disporre di due auto: una da lasciare al punto di partenza (Passo Sella) e l’altra al punto d’arrivo (Passo Gardena), entrambi lungo la SS 242. Il tragitto tra i due passi è coperto anche dal servizio di trasporto pubblico.

Avvicinamento

Si parte dal chiosco del Passo Sella, dove un cartello indica la direzione da seguire. Lungo il sentiero 649 si attraversa la base delle torri del Massiccio, portandosi in mezz’ora all’attacco della ferrata, segnalato da due targhe.

Ferrata

Un paio di metri su facili rocce gradinate e si raggiunge il cavo metallico che parte in diagonale e che, purtroppo, mostra tutti i suoi anni: non è particolarmente teso, in alcuni tratti non lo è affatto, in altri è sfilacciato. Attenzione quindi.

Si prosegue in verticale su una stretta fessura attrezzata con pioli, superata la quale ecco il primo passaggio chiave: un profondo spacco nella roccia, privo di infissi ma ricco di punti di presa naturali, da superare in arrampicata. Si esce su un pulpito, si sale una scaletta non assicurata e ci si prepara ad affrontare il secondo passaggio chiave: un ripido e angusto camino da salire attraverso una lunga serie di gradini a sviluppo semi-elicoidale che costringe a una rotazione di 180 gradi.

La progressione si fa sempre più incalzante, in una successione di scale e muri tanto esposti quanto male assicurati: qui il cavo d’acciaio, nonostante sia spesso, è piuttosto allentato: sarebbe incauto issarsi solo su di esso senza usufruire dei numerosi punti di presa naturali.

Ma non potrebbe essere altrimenti: la Meisules è una ferrata vecchio stile, regala un contatto intimo con la roccia, in cambio pretende abilità e nervi saldi. La corda si interrompe e si sale su una traccia di sentiero seguendo i bollini rossi, per uscire su un immenso anfiteatro detritico popolato da ometti di pietra, racchiuso tra la cresta del Piz Ciavazzes e le Torri del Selva. Lo si attraversa e si continua a salire su pareti meno ripide, parzialmente assicurate, circondati da guglie e pinnacoli.

La segnaletica è a tratti sbiadita ma la meta è vicinissima, la si vede, quasi la si respira: la sudata vetta del Piz Selva.

Discesa

Si attraversa tutto il pianoro sommitale seguendo il segnavia 649 fino alla Sella del Pisciadù. Qui si scende lungo il sentiero 676, caratterizzato da un salto di roccia ripido e assicurato malamente e poi una lunga traccia di sentiero su ghiaione che conduce al Rifugio Pisciadù, sulle sponde dell’omonimo laghetto. Da qui, su sentiero ripido e zigzagante (666), assicurato con cavo d’acciaio e pioli nel primo tratto, si scende al Passo Gardena, incrociando l’Alta Via n. 2.

La guida

Scopri altre bellissime vie ferrate e sentieri attrezzati nella guida Le 50 vie ferrate più belle delle Dolomiti

guida Le 50 vie ferrate più belle delle Dolomiti

 

Il Bivacco Luca Vuerich | A piedi nel Friuli Venezia Giulia

La lunga e impegnativa escursione che sale al bivacco Luca Vuerich per il Sentiero attrezzato Ceria-Merlone è descritta da Eugenio Cipriani nella guida A piedi nel Friuli Venezia Giulia.

È bello e giusto ricordare un alpinista dedicandogli una via di roccia, un sentiero, una ferrata o un bivacco? Sembrerebbe di sì, visto che questa è la prassi in uso fra alpinisti ed escursionisti da oltre un secolo. Io ad essa non mi allineo e, nel mio piccolo, le volte che ho dedicato qualche mia “prima” in montagna si è sempre trattato di persone che erano (e sono) in vita. Pur sapendo di indurle, talvolta, a gesti apotropaici. Tuttavia, dalle chiacchiere scambiate dopo una scalata oltre trenta anni fa al Pellarini con Luca Vuerich, forte alpinista tarvisiano caduto sulle Ponze nel gennaio 2010, so che il luogo dove hanno deciso di erigere un bivacco e dedicarlo alla sua memoria rientrava fra i suoi preferiti.

D’altronde la cresta del Foronon del Buinz, che da un lato sprofonda in Val Saisera con dirupi alti quasi un migliaio di metri e dall’altro scoscende sull’incantevole Altopiano del Montasio, è uno dei luoghi più spettacolari delle Alpi Giulie.

Il bivacco sorge fra la Forca de Lis Sieris e la forcella Lavinal dell’Orso e può servire come appoggio per chi percorre il Sentiero attrezzato Ceria-Merlone, vero e proprio must delle Alpi Giulie.

Sentiero che esiste da mezzo secolo e che in tanti hanno percorso, scrivente compreso, senza aver avuto bisogno di bivaccare. Comunque un punto di riparo non fa male a nessuno e certo può venire utile a quanti si aggirano sulle cime del Montasio in tardo autunno o d’inverno.

Scheda tecnica itinerario

Quote da 1505 a 2531 m
Dislivello 1300 m
Tempo 8 ore
Difficoltà EEA
Segnaletica bianco-rossa 622, 664, 626, 625, 624
Periodo consigliato da fine giugno a metà ottobre
Cartografia Tabacco 019 Alpi Giulie Occidentali Tarvisiano

Rifugi e punti d’appoggio

Rifugio Giacomo di Brazzà (1660 m), di proprietà della Società Alpina Friulana – Sezione di Udine del CAI, 18 posti letto, aperto da metà giugno a fine settembre e nei weekend di ottobre, tel. 346.2280072, www.alpinafriulana.it. Bivacco Luca Vuerich (2531 m), di proprietà del Soccorso Alpino Cave del Predil, 9 posti, sempre aperto e incustodito, dispone di cisterna d’acqua.

Accesso

Da Chiusaforte si segue l’itinerario precedente fino a Sella Nevea e quindi agli alpeggi del Montasio (1505 m).

Itinerario di salita

Lasciata l’auto, si prende a destra la stradina asfaltata, si prosegue dritti sul sentiero segnavia 622 e, ignorando le varie diramazioni a quota 1527 metri, in breve si raggiunge il Rifugio Giacomo di Brazzà (1660 m, 0.30 ore).
Spalle al rifugio si prosegue per un sentiero che piega subito a sinistra e si sdoppia: al bivio 1686 metri si lascia a sinistra il segnavia 663 che porta alla Forca Disteis e al Montasio per prendere invece il sentiero di destra segnavia 664.

Si risalgono le ripide ma facili pendici sudoccidentali delle Cime Gambon fino ad un bivio (2285 m, 1.30 ore). Si lasciano a sinistra il Sentiero Leva e la Cima di Terrarossa per imboccare sulla destra in falsopiano il Sentiero Ceria-Merlone che, dopo una lunga traversata esposta ma facile, porta alla Forca de Lis Sieris (2274, 0.30 ore).
Dalla sella (dove conviene imbragarsi) si sale a destra per ghiaione e roccette fino ad incontrare i primi tratti attrezzati che portano in cresta dove sono presenti anche ruderi di baracche di guerra. In breve si raggiungono la sommità del Foronon del Buinz e il Bivacco Vuerich (2531 m, 0.45 ore), che offre un panorama straordinario a 360°.

Bivacco Luca Vuerich

Itinerario di discesa

Ora il sentiero prosegue in discesa fino alla Sella del Buinz (2464 m). Poi aggira sulla destra la vetta del Modeon del Buinz con facili passaggi su cengia.
Raggiunta una forcella (2485 m) da cui scende ripido per un canalone ghiaioso e roccette instabili ma ben attrezzate, si arriva alla Forca de La Val (2352 m, 0.45 ore).
Si riprende a salire, si oltrepassa una lunga ed esposta cengia (attrezzata solo in parte) e si prende il filo del crinale fino a portarsi poco sotto a Punta Plagnis. Il Sentiero Ceria-Merlone aggira la vetta sulla destra portandosi sul lato nord per raggiungere Forcella Cregnedul (2340 m), fra il Monte Cregnedul e la Punta Plagnis.

Superata la forcella, il Ceria-Merlone svolta bruscamente a sinistra, attraversa tutta la parete nordorientale della Punta Plagnis (attenzione agli stambecchi che possono muovere sassi) e, superati alcuni tratti attrezzati su ghiaione, arriva alla Forcella Lavinal dell’Orso (2138 m, 1 ora), da cui si gode uno spettacolare scorcio sul circo superiore della Val Saisera detto “Alta Spragna”.

Trascurato il Sentiero Goitan, si inizia a scendere imboccando verso destra il sentiero segnavia 626. Si segue un erto vallone dove, a quota 1944 metri, ci si raccorda al sentiero segnavia 625 (0.30 ore) che proviene dal Rifugio Corsi. Lo si segue verso destra (sud) salendo fino al Passo degli Scalini (2022 m). Si continua ora in discesa (sempre segnavia 625) fino a un bivio dove si prende sulla destra il segnavia 624 che in breve conduce alla Casera Cregnedul (1515 m, 1.15 ore).
Ci si innesta verso ovest su una lunga forestale che porta prima a Casere Larice (1499 m) e poi, ignorando altre deviazioni, all’incrocio di quota 1527 metri. Si svolta a sinistra e, per strada asfaltata, in breve si torna al parcheggio dell’Altopiano del Montasio (1505 m, 1.15 ore).

Foto: Flavio Pesamosca.

La Guida

Trovi altri 63 bellissimi itinerari completi di mappa e bellissime foto nella guida A piedi nel Friuli Venezia Giulia

Dal Lago di Bissina al Rifugio Val di Fumo e al Bivacco Segalla

Il Rifugio Val di Fumo è un buon punto di appoggio per l’escursione nel Parco Adamello Brenta descritta da Alberto Campanile nella guida Sentieri e Rifugi del Gusto. I sapori delle Dolomiti e delle Valli Trentine.

Una gran bella escursione, anche se lunga e con un dislivello notevole, che dai 1790 metri della Diga di Bissina porta ai 3027 metri del Bivacco Segalla. È quindi consigliabile dividerla in due giorni pernottando presso il Rifugio Val di Fumo, all’imbocco della valle omonima.

Il bivacco, dedicato all’alpinista della Val di Ledro Eugenio Segalla, è un buon punto d’appoggio per chi vuole raggiungere il Rifugio Carè Alto o scalare la cresta Sud ovest del Carè Alto, già parzialmente attrezzata durante la Prima Guerra Mondiale dai soldati austriaci.
In passato frequentata da bracconieri e da contrabbandieri, oggi la Valle di Daone e il suo tratto superiore, la Val di Fumo, sono mete preferite da escursionisti e da scalatori in tutte le stagioni. D’inverno sono frequentate dagli amanti delle cascate di ghiaccio che affrontano in cordata le numerose strutture della zona. D’estate ci si diverte ad arrampicare sui numerosi massi erratici presenti in tutta la valle, un vero paradiso per i climbers che possono spellarsi i polpastrelli su svariate centinaia di percorsi, anche estremi.
Dal 2014 questi blocchi diventano il teatro di “GraMitico”, un meeting per gli appassionati dell’arrampicata sui massi, al quale partecipano atleti di altissimo livello, come Adam Ondra.

Scheda tecnica itinerario

Punto di partenza Diga di Bissina (1790 m)
Punto di arrivo Bivacco E. Segalla (3027 m)
Tempo 3 ore a/r per il Rifugio Val di Fumo; 4.40 ore in salita, 4 ore in discesa per il Bivacco E. Segalla
Dislivello 200 m fino al Rifugio Val di Fumo, 1250 m fino al Bivacco E. Segalla
Difficoltà T/E fino al Rifugio Val di Fumo, EE (passaggi di primo grado) la salita al Bivacco E. Segalla
Periodo consigliato da maggio a ottobre se ci si limita al Rifugio Val di Fumo, da fine giugno ai primi di settembre se si continua fino al Bivacco Segalla
Segnaletica 240, 222
Cartografia 4Land n. 138 Adamello – Presanella

Accesso

Si parcheggia nei pressi della Diga di Bissina (1790 m).

Itinerario per il Rifugio Val di Fumo

Si scende al lago e si continua per la carrareccia, parallela alla sponda occidentale del bacino artificiale (segnavia 240). Si procede in piano senza alcuna difficoltà fino al limite nordorientale, dove si trova Malga Breguzzo, non attiva (1807 m, 0.40 ore). Questa parte dell’itinerario è percorribile anche con passeggini.
Il cammino riprende sul sentiero segnavia 240 fino al vicino torrente Chiese che forma una scenografica cascata dominata, in lontananza dal Carè Alto, dal Crozzon di Lares e da altre vette. Ignorato il ponticello di legno che attraversa il fiume sulla destra, si procede in salita a lato della cascata. Oltre questa, un altro ponte consente di oltrepassare il corso d’acqua; si continua per sentiero evidente (ancora segnavia 240), poco ripido, fino a raggiungere un’ampia zona pianeggiante dove talvolta s’incontrano cavalli al pascolo.
Si cammina per il sentiero in piano o in moderata salita, poi si attraversa un ponticello che consente di oltrepassare un’area acquitrinosa e di arrivare ad un bivio: se si procede dritti si giunge alla vicina Malga Val di Fumo (1890 m, vendita di formaggi e salumi), mentre se ci s’inerpica a destra si sale al Rifugio Val di Fumo (1998 m, 1 ora).

Itinerario per il Bivacco Eugenio Segalla

Alle spalle del rifugio si stacca il sentiero segnavia 222, che si tiene sulla sinistra idrografica verso nord est. Scesa una prima parte si procede in salita (traccia a volte poco marcata). Doppiato uno sperone roccioso si prosegue sulla destra (ancora segnavia 222). Senza particolari difficoltà si procede prima per pascoli, poi su terreno roccioso con mughi (ometti e segnali). Infine si sale una faticosa morena fino alla Forcella delle Vacche (2878 m, 2.30 ore), dove si incontra il sentiero proveniente dal Rifugio Carè Alto che si trascura. Si continua verso nord per una traccia contrassegnata da vecchi bolli. Infine, si sale per rocce in qualche punto esposte (passaggi di primo grado), solo in parte dotate di cavo, fino al Bivacco Eugenio Segalla (3027 m, 0.30 ore).
Da questa piccola costruzione a botte si ha un’impareggiabile vista verso la Val di Fumo.
Si torna al parcheggio per lo stesso itinerario (4 ore).

rifugio val di fumo

La guida

Ecco la guida Sentieri e Rifugi del Gusto. I sapori delle Dolomiti e delle Valli Trentine con 24 itinerari a piedi con descrizione, mappa e bellissime foto e tanti approfondimenti e curiosità:

rifugi del gusto dolomiti

Monte Coglians da Forni Avoltri | A piedi nel Friuli Venezia Giulia

Una bella salita sul Monte Coglians, la vetta più alta del Friuli, per ammirare un panorama tra i più vasti e grandiosi delle Alpi orientali. L’itinerario è descritto da Eugenio Cipriani nella nuova guida A piedi nel Friuli Venezia Giulia.

Per una trentina di metri il Monte Coglians (2788 m) sottrae il titolo di “tetto” del Friuli Venezia Giulia al più celebre e imponente Jôf di Montasio (2753 m). Il Coglians, quindi, oltre che “re” delle Carniche è anche il “re” del Friuli; l’altro deve accontentarsi di essere il “gigante” delle Alpi Giulie italiane. Ma sono titoli e classifiche che lasciano il tempo che trovano: conta piuttosto il fatto che il Coglians sia una montagna varia e spettacolare sotto tutti i punti vista.

Il massiccio di cui rappresenta il culmine, infatti, è molto vasto e si estende dal Passo di Volaia, su cui domina la Cima Lastrons del Lago- Seewarte, al Passo dei Cacciatori-Kellerscharte (da non scambiare con l’omonimo passo situato ai piedi del Pic Chiadenis), che lo divide a sua volta dalla Creta delle Cjanevate-Kellerspitzen. Quest’ultima, poi, si allunga con le elevazioni della Creta di Collina e della Creta di Collinetta-Cellon sino al valico automobilistico di Monte Croce Carnico, laddove corre il limite geografico fra il Gruppo Coglians-Cjanevate e quello Timau-Pal Piccolo.

Sul versante settentrionale, quello austriaco, il Coglians incombe con una gigantesca parete. All’estremità occidentale, vale a dire sul fianco sud-ovest della Cima Lastrons del Lago, uno splendido percorso attrezzato, il Sentiero Spinotti, collega in maniera spettacolare e non eccessivamente impegnativa il Rifugio Lambertenghi-Romanin al Rifugio Marinelli. Quest’ultimo rifugio rappresenta la base ideale per salire lungo la facile via normale in cima al “re” delle Carniche. La prima ascensione risale al 30 settembre del 1865 ad opera del più importante alpinista del periodo d’oro delle Dolomiti, quel Paul Grohmann che qui, sul Coglians, affrontò una delle sue rare ascensioni al di fuori delle amate Dolomiti.

Scheda tecnica itinerario

Quote da 1350 a 2780 m
Dislivello 1400 m (alcuni saliscendi)
Tempo 9.15 ore. È consigliabile dividere l’escursione in due giorni e pernottare al Rifugio Marinelli
Difficoltà EEA
Segnaletica bianco-rossa 144 (Sentiero dei Cramars), 145 (Sentiero Spinotti e Traversata Carnica), 143 (via normale per il Coglians)
Periodo consigliato da metà giugno ai primi di ottobre
Cartografia Tabacco 09 Alpi Carniche Carnia Centrale
Rifugi e punti d’appoggio Rifugio Tolazzi (1370 m), privato, 16 posti letto, aperto da metà maggio a ottobre, festività e weekend invernali, tel. 338.9093816. Rifugio Marinelli (2111 m), di proprietà della Società Alpina Friulana – Sezione di Udine del CAI, 50 posti letto, aperto da giugno.

Accesso

Da Forni Avoltri si segue l’itinerario precedente fino al Rifugio Tolazzi (1350 m).

Itinerario di salita

Dal rifugio si continua a piedi ancora seguendo l’itinerario 309 fino al bivio quota 1850 metri (1.15 ore). Si prende a destra il Sentiero Spinotti (segnavia 145) che, dopo poco, presenta un tratto attrezzato con una scaletta che permette di superare il primo tratto di gradini rocciosi. Più avanti alcune funi metalliche consentono di transitare lungo lastronate e salti rocciosi intervallati da cenge erbose senza difficoltà. Dopo circa mezz’ora, lasciata ormai alle spalle la parte più “difficile” del sentiero, si prosegue per un largo pianoro prativo da cui si scende attraversando le basse pendici del Pic Cjadin a Forcella Moraret (Morariot sulla mappa) ed al vicino Rifugio Marinelli (2111 m, 2 ore). Qui conviene pernottare per effettuare l’ascensione al Coglians la mattina successiva.

Monte Coglians

Dal rifugio si risale a Forcella Moraret, si percorre il sentiero n. 143 che sale le pendici meridionali del Pic Cjadin e lo aggira verso ovest evitandone la cima. Si prosegue sulla cresta erbosa fino ai 2307 metri della Forcella Monumenz, quindi si lascia a destra il sentiero n. 143a (sconsigliato in quanto presenta maggiori difficoltà) e si prosegue sul tracciato principale che cala in un vallone dall’aspetto desolato, il Vallone del Ploto. Per tracce si percorre l’intero ramo sinistro del vallone fino a portarsi sotto a un salto roccioso che si supera facilmente.
Dopo averlo oltrepassato, si accede alla parte più alta del vallone che qui si restringe trasformandosi in un ripido canale (possibilità di neve a inizio stagione, attenzione!) che termina alla forcella tra la cima principale e l’anticima est. Senza giungere alla forcella, si sale sulla sinistra per rocce alla cresta est e, infine, alla cima del Monte Coglians (2780 m, 2.30 ore).

Itinerario di discesa

Il ritorno si effettua lungo lo stesso itinerario fino al Rifugio Marinelli (2111 m, 2 ore). Poi si continua per il sentiero segnavia 143 che scende per il vallone del Rio Morarêt intersecando più volte la stradina d’accesso al rifugio ed arrivando lungo quest’ultima al Rifugio Tolazzi ed al parcheggio (1350 m, 1.30 ore).

Foto di Karim Tomasino.

La Guida

L’itinerario completo di mappa e bellissime foto è tratto dalla guida A piedi nel Friuli Venezia Giulia


Escursioni nel Friuli Venezia Giulia

 

La via ferrata del Masarè | Catinaccio | Dolomiti

Nel regno di Re Laurino con la ferrata del Masarè descritta da Federica Pellegrino e Marco Corriero nella guida Le 50 vie ferrate più belle delle Dolomiti.

La ferrata del Masarè tra leggenda e realtà

Sul Catinaccio si adagiava il giardino delle rose di re Laurino, il re di un popolo di nani minatori. Egli era molto orgoglioso delle sue rose che fiorivano ogni giorno dell’anno. Innamoratosi della principessa Similda, Laurino la rapì e la condusse nel suo regno montano. Il fratello liberò la principessa e imprigionò il violento sovrano che, per vendetta, maledisse il suo giardino: né di giorno né di notte alcun occhio umano avrebbe più potuto ammirarlo. Ma dimenticò il tramonto e l’alba, il momento magico in cui la parete della montagna si dipinge di rosa. Questa è una delle tante versioni che spiega perché in certe ore del giorno il Catinaccio, per i tedeschi Rosengarten, Giardino delle Rose appunto, si colori di rosa.

La verità scientifica è ovviamente un’altra. Il fenomeno, che in ladino prende il nome di enrosadira, è dovuto alla composizione chimica della dolomia che, sotto i raggi del sole del tramonto o dell’alba, esalta i pulviscoli rossastri dell’atmosfera, accendendosi letteralmente.

Entriamo dunque nel magico mondo della leggenda, cavalcando la Cresta del Masarè, a sud della catena principale, uno splendido giardino pietrificato con passaggi sorprendenti e una vista impagabile sulla Val d’Ega. La via è ottimamente attrezzata e, dopo il recente restauro, anche più sicura.

Scheda tecnica Ferrata del Masarè

Meta Cresta Masarè, 2600 m
Caratteristiche Percorso in cresta ottimamente attrezzato su roccia gradinata
Difficoltà 3 – Difficile
Quote Partenza: 2125 m; attacco: 2510 m; uscita: 2570 m
Dislivelli Dislivello ferrata: 130 m; dislivello complessivo: 595 m
Tempi richiesti Avvicinamento: 1,30 ore; ferrata: 2 ore; discesa: 1 ora; durata complessiva: 4,30 ore
Periodo consigliato Da giugno a fine settembre
Esposizione Sud, Ovest, Est
Punti d’appoggio Rifugio Roda di Vaèl, tel. 0462 764450
Cartografia Tabacco, scala 1:25.000, foglio 06, Val di Fassa e Dolomiti Fassane
Segnaletica Cartelli, segnavia 539-549, N01, segnaletica al suolo

Accesso stradale

Da Bolzano per la Val d’Ega (SS241) si passa oltre Nova Levante e si raggiunge, poco sotto il Passo di Costalunga, la Ski Area Carezza (parcheggio Sporthotel Alpenrose). Con la Seggiovia Paolina si sale all’omonimo rifugio (www.fassa.com).

Avvicinamento

Dal Rifugio Paolina si procede lungo un comodo sentiero che conduce al Rifugio Roda di Vaél (segnavia 539 e 549). Si passa davanti alla possente aquila di bronzo dedicata a Theodor Christomannos. Questi fu alpinista e politico che fece della valorizzazione turistica delle Dolomiti lo scopo principale della sua esistenza.
Poco oltre il rifugio, la segnaletica indica chiaramente la direzione per la ferrata che, come suggerito dalle Guide Alpine, va percorsa in senso antiorario, tenendo cioè la destra. In questo modo i tratti più impegnativi si affrontano in salita. L’attacco della ferrata del Masarè è a meno di un’ora dal rifugio.

Ferrata del Masarè

L’avvio è in diagonale con il cavo d’acciaio che aiuta a salire alcuni gradoni inclinati. Si interrompe all’altezza di uno spigolo e poi riprende su un breve salto verticale che conduce alla base di uno stretto camino. Lo si supera attraverso una scaletta metallica assicurata e si esce su una radura erbosa, quindi si prosegue su sentiero tenendosi a sinistra al bivio di Torre Finestra (via di rientro della ferrata Roda di Vaèl) fino a raggiungere nuovamente l’attrezzatura.

La ferrata del Masarè, segnata e attrezzata in maniera esemplare, è una meta dolomitica classica, con l’inevitabile conseguenza dell’affollamento che può rallentare notevolmente la progressione. Il tracciato percorre in saliscendi la cresta meridionale del Catinaccio, toccando i suoi celebri torrioni, passando da un versante all’altro e offrendo una grande varietà di suggestivi scorci.

Nei tratti rocciosi appoggiati il cavo serve prevalentemente da corrimano; nei passaggi che si verticalizzano, l’arrampicabilità è garantita dalla specifica articolazione di questa roccia, ricca di prese naturali e dotata di numerosi infissi. Il punto più spettacolare è rappresentato dalla salita su un vertiginoso torrione strapiombante a forma di molare rovesciato, inciso da una profonda spaccatura dentro la quale ci si muove a fatica. In uscita dal torrione si prosegue orizzontalmente e poi progressivamente per ripidi salti fino a una cresta panoramica dove termina la ferrata.

Discesa

Per comodo sentiero si raggiunge in mezz’ora il Rifugio Roda di Vaèl e di qui il Paolina. Chi è munito di zaino ingombrante può valutare la possibilità di lasciarlo al Rifugio Roda di Vaèl e recuperarlo sulla via del ritorno. In questo modo affronterebbe la ferrata solo con l’attrezzatura necessaria e si muoverebbe più agevolmente nella stretta fessura del torrione e in tutto il tracciato in generale.

La guida

Scopri altre bellissime vie ferrate e sentieri attrezzati nella guida Le 50 vie ferrate più belle delle Dolomiti

guida Le 50 vie ferrate più belle delle Dolomiti

Dai Piani di Pezza al Pizzo Cafornia e al Monte Velino

L’itinerario più adatto nelle calde giornate estive per raggiungere la vetta del Monte Velino tratto dalla guida Sentieri nel Parco Sirente-Velino di Stefano Ardito.

Nelle calde giornate estive l’itinerario per il Monte Velino che inizia dal Piano di Pezza è più piacevole di quelli che raggiungono la vetta da sud. I panorami dalle creste lo rendono ancora più affascinante. Lo sviluppo e i faticosi saliscendi, e in particolare la risalita dal Colle del Bicchero al Colle dell’Orso, lo rendono però impegnativo e per escursionisti allenati.

Scheda tecnica itinerario

Dislivello 1040 m
Tempo di salita 4.15 ore
Tempo di discesa 3.15 ore
Difficoltà E
Segnaletica bianco-rossa 1, 1C e 1G
Periodo consigliato da maggio a ottobre

Accesso

Da Rocca di Mezzo o da Rovere si seguono le strade che salgono al Vado di Pezza, dove ci si affaccia sul Piano di Pezza, e dove sorge un rifugio ristorante. Si procede in auto sulla strada sterrata che scende da sinistra al pianoro, lo traversa con qualche tratto scomodo e raggiunge i prati di Capo Pezza (1535 m, 5,5 km dal Vado), dove sono un divieto di transito e un cartello che indica il rifugio.

Itinerario

Lasciata l’auto prima del divieto, si continua a piedi sulla sterrata, poi si piega a destra per una mulattiera (segnavia 1 e 1A). Questa entra nella faggeta della Valle Cerchiata e prosegue con piacevole percorso a mezza costa. Più in alto si percorre sul fondo un valloncello, e si sale a un terrazzo erboso e a un bivio (1793 m, 0.45 ore) ai piedi delle rocce del Colle delle Trincere.

Si raggiunge la cresta di Colle dell’Orso e al bivio (2210 m, 1.45 ore) dove si lascia a sinistra il sentiero per la Punta Trento. Si scende verso destra per pascoli e valloncelli fino al Colle del Bicchero (2075 m, 0.30 ore), che mette in comunicazione la Valle di Teve con la Valle Majelama e la Valle del Bicchero.

Il tracciato riprende a salire superando un gradino ripido, passa a poca distanza dal Monte il Bicchero, poi continua a saliscendi per dossi erbosi fino a un nuovo bivio dove arriva da destra il sentiero della Valle dei Briganti. Una salita più faticosa porta alla cresta rocciosa che conduce al Monte Cafornia (2405 m, 1 ora). Da qui si piega a sinistra, traversando un valico sassoso, fino al panoramico Pizzo Cafornia (2424 m, 0.15 ore a/r), la seconda vetta del massiccio, dove spicca una croce.

La traccia principale prosegue in discesa e poi in piano accanto alla cresta che separa la conca sommitale del Canalino dalla Valle dei Briganti. Poi si tocca la Punta Avezzano (2378 m) e si raggiunge quasi in piano un bivio ai piedi della ripida cresta Nord est del Velino.
La si affronta per un sassoso sentiero indicato da segnavia giallo-rossi fino alla vetta del Monte Velino (2486 m, 0.45 ore). Qui si trova la statua della Madonna e la grande croce di ferro affacciata verso il Fucino.

Al ritorno occorrono 1.30 ore fino al Colle del Bicchero, 0.30 ore per risalire al Colle dell’Orso e 1.15 ore per la discesa finale a Capo di Pezza.

Foto: Escursionista sul Colle dell’Orso, sullo sfondo il Monte Velino. Angelo Monti

La guida

I migliori itinerari sui Monti della Duchessa completi di descrizione, mappa e foto, scelti e descritti da Stefano Ardito, li trovi qui:

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Da Castelluccio di Norcia a Forca di Presta | Alta Via delle Marche

La fioritura sul Piano di Castelluccio è al suo massimo splendore. Per incantarvi davanti a questo spettacolo naturale, vi proponiamo la tappa dell’Alta Via delle Marche che proprio da Castelluccio arriva a Forca di Presta. L’itinerario è tratto dalla guida A piedi sull’Alta Via delle Marche a cura di Nicola Pezzotta e Luca Marcantonelli.

In questo tappa si affronta la cresta che unisce le vette più alte dei Monti Sibillini e delle Marche: Cima dell’Osservatorio (2350 m), Cima del Redentore (2448 m), Cima del Lago (2423 m) e Punta di Prato Pulito (2372 m).

Dalla Cima del Redentore si gode di un paesaggio unico: a est si apre l’anfiteatro glaciale dove si trova il Lago di Pilato (uno dei pochi laghi naturali delle Marche e l’unico di origine glaciale) con la sua classica forma ad occhiale nei momenti di massima estensione, e a ovest il Pian Grande di Castelluccio di Norcia.

Giunti al Rifugio Zilioli, attualmente inagibile a causa del terremoto, si può decidere se scendere e arrivare a Forca di Presta, termine della tappa, o aggiungere circa 250 metri di dislivello per conquistare la vetta più alta delle Marche: il Monte Vettore (2476 m). Questo itinerario è sconsigliato a chi soffre di vertigini in particolare per il tratto tra la Cima del Redentore e il Rifugio Zilioli. Nel momento in cui scriviamo il Rifugio degli Alpini, situato al termine della tappa, è inagibile. Fino a quando non sarà ripristinato, l’unico punto di appoggio è il Rifugio Belvedere distante tre chilometri e mezzo.

Scheda tecnica itinerario

Quota minima/massima da 1313 a 2448 m (a 2476 il Monte Vettore)
Dislivello 1160 m in salita, 1050 m in discesa (varianti per il Pizzo del Diavolo e il Monte Vettore: 270 m in più)
Sviluppo 16 km o 19,6 km con le varianti per il Pizzo del Diavolo e il Monte Vettore (5% asfalto)
Tempo
6.15 ore; 8.15 ore con le varianti per il Pizzo del Diavolo e il Monte Vettore
Difficoltà EE
Segnaletica bianco-rossa 553 E17, 552, 2, 101
Periodo consigliato da maggio a ottobre
CartografiaMonti Sibillini, carta dei sentieri, Società Editrice Ricerche

Itinerario

Dalla piazzetta di fronte all’alimentari “La vostra Cantina”, all’ingresso di Castelluccio di Norcia (1432 m), da dove si gode di una magnifica vista sul Pian Perduto si scende per la SP 477 in direzione del Pian Grande fino al tornante. Si prende la strada sterrata sulla sinistra e, subito dopo, a destra, la carrareccia che scende ripidamente a un crocevia all’inizio del Pian Grande (1313 m).
Si imbocca verso nord la strada che sale verso i Colli Alti e Bassi (segnavia 553, E17). Dopo duecento metri si lascia la strada bianca a sinistra e si risale il pendio per circa un chilometro su sentiero (ancora segnavia 553), fino a risbucare sulla strada che conduce alla Capanna Ghezzi (1570 m, 1.15 ore) passando accanto a una piccola macchia di faggi secolari.

Dal rifugio si intercetta il sentiero (segnavia 552) dietro alla fonte che attraversa le Pianacce. Al bivio nei pressi di Colle Abieri si svolta a destra per iniziare la lunga ascesa verso sud delle panoramiche creste che culminano con la Cima del Redentore.
Giunti a Forca Viola (1936 m, 1.15 ore), si svolta a destra (segnavia 2) e si guadagna rapidamente quota sul sentiero che zigzaga lungo il versante nord del Quarto San Lorenzo. Dopo esser passati sotto la cima del Quarto San Lorenzo, il bel tracciato (sempre segnavia 2) porta a un belvedere (2220 m) verso la valle del Lago di Pilato. A ovest il Pian Grande di Castelluccio di Norcia è straordinario: con i suoi 15 kmq di superficie è uno degli altopiani più grandi d’Italia.
Si prosegue, stavolta sulla cresta, e dopo aver attraversato uno spiazzo creato artificialmente e toccato Cima dell’Osservatorio (2350 m), si arriva alla Cima del Redentore (2448 m, 1.15 ore).

Se si vuole raggiungere anche il Pizzo del Diavolo il percorso è breve. Dalla Cima del Redentore si piega a sinistra seguendo l’esile tracciato di cresta molto esposto fino alla vetta (2410 m, 0.30 ore a/r). Questa deviazione è sconsigliata a chi soffre di vertigini.
Riprendendo il percorso della tappa, dalla Cima del Redentore si prosegue verso sud in discesa sempre sul filo di cresta (segnavia 2). In questo tratto la vista sul Lago di Pilato è magnifica. Le storie e le leggende su una delle mete più ambite dei Sibillini si intrecciano diffondendo un alone di mistero.

Dopo aver superato la Cima del Lago (2423 m) e la Punta di Prato Pulito (2372 m), la discesa si fa decisamente più ripida ed esposta. Bisogna prestare attenzione alle sporgenze rocciose presenti lungo il tracciato. Il tratto è breve e dopo cinquecento metri si arriva alla Sella delle Ciaule e al Rifugio Zilioli (2240 m, 1.15 ore).
Se si vuole salire sulla cima del Monte Vettore, dal Rifugio Zilioli si prosegue verso nord est sul crinale (segnavia 101). Si continua sul sentiero che con diversi tornantini guadagna quota fino alla vetta (2476 m, 1.30 ore a/r).

Se non si sale sul Monte Vettore, dalla Sella delle Ciaule si svolta a destra verso sud ovest (segnavia 101) su una ripida discesa. Il tracciato è un po’ difficoltoso anche per la presenza del fondo sassoso e sconnesso. Aggirata la cima del Monte Vettoretto, nei pressi della Croce Zilioli (1928 m) è possibile vedere gli effetti dei terremoti del 2016: sul sentiero si nota uno scalino di circa 50 cm. È l’evidenza superficiale della famosa faglia del Redentore, chiamata dalla popolazione locale Sentiero delle Fate.

Si scende ancora verso sud fino a incontrare la SP 477 in località Forca di Presta (1536 m, 1.15 ore). Nel momento in cui scriviamo il Rifugio degli Alpini è inagibile. L’unico punto di appoggio della zona è il Rifugio Belvedere. Per raggiungerlo si deve proseguire sulla strada bianca in direzione sud ovest per altri tre chilometri e mezzo.

Strutture ricettive

Rifugio Argentella, loc. Monte Argentella, Norcia (PG), 4 posti letto, aperto tutto l’anno (su pren.), non gestito, tel. 330.280690, www.rifugideisibillini.it. Rifugio Belvedere, loc. Forca di Presta, Arquata del Tronto (AP), 8 posti letto, aperto tutto l’anno (su pren.), non gestito, tel. 330.280690, www.rifugideisibillini.it.

Escursione giornaliera

Se la tappa è svolta in giornata si consiglia di disporre di due auto e lasciarne una a Forca di Presta.
Accesso • L’itinerario inizia dal parcheggio all’ingresso del paese di Castelluccio di Norcia (1432 m), raggiungibile da Norcia in 40 minuti d’auto lungo la SP 477
Ritorno • Da Forca di Presta si torna in auto a Castelluccio di Norcia in 15 minuti.

La guida

La guida ricca di bellissime foto e completa di info sulle strutture ricettive, le indicazioni per effettuare l’escursione in giornata e tante altre informazioni utili e approfondimenti

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