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Mese: Febbraio 2020

La Malga Geisler ai piedi delle Odle

La Malga Geisler, o Rifugio delle Odle, è tra i 100 rifugi più belli delle Dolomiti di Stefano Ardito.

Il bellissimo prato accanto alla Malga Geisler, o Rifugio delle Odle, offre una straordinaria visione delle pareti della Furchetta, la cima più elegante delle Odle, e del vicino Sass Rigais. A poche decine di metri di distanza, di fronte a un panorama altrettanto bello, sorge la Malga Gschnagehardt, Casnago sulle vecchie mappe italiane. Qui, negli anni Cinquanta, passava l’estate il giovanissimo Reinhold Messner.

A piedi sul Sentiero delle Odle si può proseguire verso le malghe Brogles, Glatsch e Gampen e il rifugio Genova. Le strade sterrate offrono itinerari in mountain-bike.
Gli alpinisti possono raggiungere le difficili vie della parete Nord della Furchetta, e gli itinerari del Sass Rigais e del Sass de l’Ega.

Le malghe delle Odle sono classiche mete per passeggiate invernali. Dalla Malga Geisler, aperta anche d’inverno, si può scendere con lo slittino direttamente a San Giovanni Ranui – Funes lungo una pista di sei chilometri. La meta più classica per gli scialpinisti è la Forcella de Mesdì.

Info utili della Malga Geisler

Quota 1960 metri
Proprietà e gestione famiglia Runggatscher
Apertura da metà maggio ai primi di novembre e dal 26 dicembre a metà marzo
Telefono 0472.840506, 339.6044685
Mail info@geisleralm.com
Web www.geisleralm.com

Da Malga Zannes a Malga Geisler

Dislivello 310 metri
Tempo 3 ore a/r
Difficoltà E

Da San Pietro o Santa Maddalena, si raggiungono i posteggi di Malga Zannes (1680 metri).

A piedi si segue una strada forestale (segnavia 33) che si alza nel bosco. Tenendosi a destra a un bivio si sale alla Malga Glatsch (1902 metri, 0.45 ore), in vista delle Odle. Si riparte per un sentiero che si inerpica sui prati e poi nel bosco e porta al Sentiero delle Odle. Lo si segue a destra (segnavia 35), nel bosco dominato dalla Furchetta e dal Sass Rigais, fino alla Forcella del Pradèl (2015 metri). Da qui si piega a destra verso le malghe Gschnagenhardt e Geisler (1960 metri, 1 ora).

In discesa si prosegue sulla strada sterrata (segnavia 34) che entra nel bosco e si abbassa a tornanti. Lasciata a destra la deviazione per Malga Dussler si sbuca su un’altra sterrata a mezza costa e la si segue verso destra fino a Malga Zannes (1.15 ore).

La guida

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Il Rifugio Tosa e Pedrotti, un pezzo di storia delle Dolomiti di Brenta

Il Rifugio Tosa e Pedrotti, belvedere sulla Brenta Alta e sul Croz dell’Altissimo, è tra i 100 rifugi più belli delle Dolomiti di Stefano Ardito.

La Bocca di Brenta, che separa la Brenta Alta dalla Cima Tosa e dal Crozzòn, è il valico più importante del Brenta per escursionisti e alpinisti, e ha visto sorgere a fine Ottocento due dei primi punti d’appoggio del massiccio. Oggi il rifugio Pedrotti, su un terrazzo roccioso a sud del valico, si affaccia dall’alto sul vecchio rifugio Tosa. I sentieri di accesso sono lunghi, sia da Madonna di Campiglio sia da Molveno.

Il rifugio Tosa, il primo della SAT, è stato inaugurato nel 1881. Il rifugio Pedrotti è stato costruito poco dopo dalla Sektion Bremen del DÖAV, è passato alla SAT nel 1914, e nel 1921 è stato dedicato a Tommaso Pedrotti, fratello di Giovanni e Pietro, entrambi presidenti della SAT.
Molte delle vette vicine non sono visibili dal rifugio. S’impongono allo sguardo, oltre al vicino Croz del Rifugio, la Brenta Alta e il Croz dell’Altissimo.

Si raggiungono dal rifugio ferrate come la Via delle Bocchette Centrali, il Sentiero Brentari e il Sentiero Orsi. Gli alpinisti hanno a disposizione decine di vie, di ogni difficoltà, sulle pareti del Croz del Rifugio, della Brenta Bassa, della Brenta Alta, del Campanile Basso, del Campanile Alto, della Cima Tosa e del Crozzòn.

Info utili del Rifugio Tosa e Pedrotti

Quota 2491 metri il Pedrotti, 2439 metri il Tosa
Posti letto 120
Locale invernale 20 posti
Proprietà SAT Trento
Gestore guida alpina Franco Nicolini 349.3646251
Apertura da giugno a settembre
Telefono 0461.948115
Mail info@rifugiotosapedrotti.it
Web www.rifugiotosapedrotti.it

Da Madonna di Campiglio al Rifugio Tosa e Pedrotti

Dislivello 1100 metri
Tempo 6.15 ore a/r
Difficoltà E

Da Madonna di Campiglio, in auto o con i bus-navetta, si raggiungono il posteggio e il rifugio di Vallesinella (1513 metri), e si prosegue a piedi fino al rifugio Casinei (1825 metri, 0.45 ore). Si riparte (segnavia 318) lasciando a sinistra un sentiero per i rifugi Tuckett e Sella, e raggiungendo un crinale da cui appaiono il Crozzòn di Brenta e la Tosa.

Si continua sul Sentiero Bogani, che traversa ai piedi delle rocce del Fridolìn, lascia a sinistra un secondo itinerario per i rifugi Tuckett e Sella, e riprende a traversare in ambiente spettacolare e roccioso superando una cengia, una galleria artificiale e un canalone dove si trova neve fino a luglio. Un’ultima salita a mezza costa e un terrazzo erboso conducono al rifugio Brentei (2182 metri, 1.30 ore), che sorge al centro di una magnifica conca. Si continua a mezza costa sul sentiero che traversa dei ghiaioni e permette di scoprire sulla sinistra il Campanile Alto e poi il Campanile Basso.

Traversata una conca spesso occupata da un nevaio si affronta un gradino (corda fissa), si supera un secondo terrazzo e si risale un pendio spesso innevato, ai piedi del Campanile Basso. Lasciato a sinistra l’attacco della Via delle Bocchette, si arriva alla Bocca di Brenta (2552 metri). Una comoda cengia artificiale conduce al rifugio Pedrotti (2491 metri, 1.30 ore). La discesa richiede 2.30 ore.

La guida

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Il Rifugio Tuckett e Sella, nel cuore delle Dolomiti di Brenta

Il Rifugio Tuckett e Sella, sorvegliato dalla Cima Brenta e dal Castelletto Inferiore, è tra i 100 rifugi più belli delle Dolomiti di Stefano Ardito.

Uno spettacolare paesaggio dolomitico, in cui spiccano la Cima Brenta e il Castelletto Inferiore, sorveglia il Rifugio Tuckett e Sella, due strutture gemelle e molto frequentate. Il primo ricorda Francis Fox Tuckett, grande alpinista britannico dell’Ottocento. Il secondo è dedicato a Quintino Sella, industriale biellese che fu Ministro delle Finanze e Primo Ministro del Regno d’Italia, e fondatore nel 1863 del CAI.

Oggi i due rifugi sono gestiti in maniera unitaria dalla SAT. La storia della loro nascita, invece, testimonia di un’epoca nella quale gli alpinisti di lingua italiana e tedesca avevano rapporti difficili. I primi erano organizzati nella Società degli Alpinisti Tridentini (SAT), di tendenze irredentiste, i secondi nel DÖAV, il Deutsches und Östeirreischisches Alpenverein, al quale aderivano austriaci, altoatesini e tedeschi. Il rifugio Sella è stato eretto dalla SAT nel 1904-05. Un anno dopo, nel 1906, la Sektion Berlin del DÖAV inaugurava il vicino rifugio dedicato a Tuckett. Oggi quelle polemiche sono un lontano ricordo. E il sentiero che raggiunge i due rifugi dal Grostè è una facile camminata in un magnifico ambiente roccioso. Offrono percorsi più impegnativi le ferrate (tra queste la Via delle Bocchette Alte) che qui si intersecano.

Info utili del Rifugio Tuckett e Sella

Quota 2272 metri
Posti letto 120
Locale invernale 8 posti
Proprietà SAT Trento
Gestore Alberto Angeli 0465.507287; 335.5253090
Apertura da metà giugno a fine settembre
Telefono 0465.441226
Mail rifugiotuckett@gmail.com
Web www.rifugio-tuckett.it

Itinerario dal Grostè ai rifugi Tuckett e Sella

Dislivello 200 metri
Tempo 2.30 ore a/r
Difficoltà E

Da Madonna di Campiglio e dal Passo di Campo Carlo Magno si sale in cabinovia al Passo del Grostè (2442 metri). Si imbocca il sentiero per i rifugi Tuckett e Sella (segnavia 316), che obliqua su un altopiano roccioso, passa sotto a una seggiovia e raggiunge l’orlo di una depressione ingombra di massi. Qui si incontra un tracciato (2410 metri, 0.15 ore) che proviene dal rifugio Graffer.
Si scende in un canalino e ci si tiene a destra a un secondo bivio. Si continua tra massi più grandi traversando un vallone dominato dalla Cima del Grostè, dalla Cima Falkner e dal Castello di Vallesinella.
Oltrepassato un vallone, si gira un crinale e si passa a valle del Torrione di Vallesinella. Una salita porta ai rifugi Tuckett e Sella (2272 metri, 1 ora), in vista della Bocca del Tuckett, della Cima Brenta e della Vedretta di Brenta Inferiore.
Il ritorno richiede lo stesso tempo.

La guida

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Il Rifugio Agostini in Val d’Ambiez, Dolomiti di Brenta

Il Rifugio Agostini, situato nella straordinaria Val d’Ambiez, è tra i 100 rifugi più belli delle Dolomiti di Stefano Ardito.

La spettacolare Val d’Ambiez, una delle più selvagge del Trentino, sale da San Lorenzo in Banale verso le cime più elevate del Brenta. Alla sua testata, ai piedi delle pareti della Cima d’Ambiez e della Cima di Pratofiorito, il Rifugio Agostini offre un magnifico panorama, ed è il punto di partenza di arrampicate, ferrate e traversate di grande fascino.
Il rifugio è un posto-tappa su una traversata del Brenta e il sentiero Garda-Brenta. Si possono raggiungere la ferrata Castiglioni e i sentieri attrezzati Brentari e Palmieri. Un facile sentiero si dirige verso la Forcolotta di Noghera, la Pozza Tramontana e il rifugio Pedrotti. Nei pressi del rifugio è la Grotta Silvia, tappezzata di ghiaccio.

Il rifugio ricorda Silvio Agostini, una delle prime guide alpine italiane di origine cittadina, inaugurato nel 1937 e ceduto alla SAT nel 1976. Nel 1957 il crollo della Torre Jandl ha minacciato di travolgere il rifugio. La chiesetta della Madonna del Capriolo, che sorge a pochi metri dal rifugio, è stata affrescata dal pittore Dario Wolf.

Info utili del Rifugio Agostini

Quota 2410 metri
Posti letto 56
Locale invernale 8 posti
Proprietà SAT Trento
Gestore Roberto Cornella, 348.7152589
Apertura da metà giugno a fine settembre
Telefono 0465.734138
Mail info@rifugioagostini.com
Web www.rifugioagostini.com

Itinerario da San Lorenzo in Banale al rifugio Agostini

Dislivello 590 metri
Tempo 2.30 ore a/r
Difficoltà E

L’itinerario, lunghissimo se si parte a piedi dal fondovalle, è accessibile a tutti se si sale in jeep-navetta al rifugio Al Cacciatore. Da San Lorenzo in Banale si arriva in breve in auto al posteggio (865 metri) accanto al Bar Dolomiti di Brenta, da cui si continua con i fuoristrada che effettuano servizio di navetta (da prenotare in anticipo) fino al rifugio Al Cacciatore (1820 metri). A piedi occorrono 3 ore. Dal rifugio si imbocca il Sentiero Dallago (segnavia 325) che sale un ripido pendio, sbuca su un crinale con mughi, e lo segue quasi in piano in direzione della spettacolare Cima d’Ambiez. Più in alto si lascia il crinale, si traversano dei prati cosparsi di rododendri e si riprende a salire. Dei tornanti portano alla strada sterrata di servizio e poi al rifugio Agostini (2410 metri, 1.30 ore).
Al ritorno occorre 1 ora fino al rifugio Al Cacciatore.

La guida

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L’anello di Veio | Lazio a piedi

Un itinerario nei luoghi dell’antica città etrusca di Veio e sulle strade della Francigena. Ci racconta il percorso Agostino Anfossi nella guida Lazio a piedi.

In prossimità del borgo di Isola Farnese, appena fuori dal Raccordo Anulare di Roma, un ampio pianoro delimitato dai fossi del Piordo e del Crèmera ospita i resti della città etrusca di Veio. Sorta persino prima di Roma, entrò presto in conflitto con quest’ultima per il controllo del basso corso del Tevere e lo sfruttamento delle saline sulla riva destra del fiume; fu poi conquistata definitivamente da Furio Camillo nel 396 a.C.

Il percorso lambisce zone archeologiche di assoluto pregio come il santuario di Portonaccio (in cui venne ritrovata la celebre statua dell’Apollo di Veio) e l’area di Campetti, probabilmente un santuario curativo dedicato a più divinità. Tutt’intorno sono state scoperte tantissime necropoli: Monte Michele, Quattro Fontanili, Tomba Campana, Tumulo della Vaccareccia, per citare solo quelle che si incontrano durante l’itinerario.

L’elemento che generalmente attrae l’attenzione è comunque il Ponte Sodo, un maestoso cunicolo lungo circa settanta metri scavato nel tufo dagli Etruschi per canalizzare le acque del Crèmera. In quest’area passava anche la cosiddetta “Variante Veientana” della Francigena quando, nel Medioevo, la Cassia era stata in parte abbandonata. questo tracciato è stato scelto per il percorso ufficoale della Francigena attuale.

Scheda tecnica itinerario per Veio

Quote da 53 a 131 m
Dislivello 217 m
Tempo 3 ore
Difficoltà E
Segnaletica bianco-rossa 207a, 208, 208a, 208b, 208c
Periodo consigliato tutto l’anno, estate esclusa
Cartografia Parco di Veio 1:20.000 Iter Edizioni
Con i bambini adatto ai ragazzi dagli 11 anni in su solo se ben allenati

La guida

L’itinerario che partendo da Isola Farnese si snoda all’interno dell’area protetta del Parco di Veio completo di foto, mappa, descrizione dettagliata la trovi nella guida Lazio a piedi di G. Albrizio, A. Anfossi, F. Ardito, F. Belisario, R. Hallgass.

lazio a piedi

Er Giro de Peppe | Itinerari Roma | Lazio a piedi

Roma a piedi con un giro in città per cercare Peppe! L’itinerario ideato da Agostino Anfossi è descritto nella guida Lazio a piedi.

Er giro de Peppe” è un modo di dire tipicamente romano di chi vuole significare che per andare da un posto a un altro ha in realtà percorso molta più strada di quella effettivamente necessaria.

L’origine è incerta. C’è chi identifica Peppe addirittura con Giuseppe di Nazareth che, dopo aver espletato le pratiche del censimento a Betlemme doveva, insieme alla sua sposa Maria, tornare a Nazareth con un cammino di un centinaio di chilometri. Dovettero invece, come sappiamo, rifugiarsi in Egitto e tornarono a Nazareth solo dopo averne percorsi più di mille.

Una seconda diceria, per quanto mai dimostrata ma che ci piace di più, racconta che Peppe è in realtà niente di meno che Giuseppe Garibaldi. Quando nel 1878 la salma del re Vittorio Emanuele II venne tumulata nel Pantheon, si decise di far fare un giro del carro funebre intorno alla fontana di Piazza della Rotonda, antistante il Pantheon, per permettere alla popolazione di dare l’estremo saluto al primo re d’Italia. Garibaldi, non rendendosi conto di ciò, non aspettò come tutti gli altri il ritorno della carrozza reale con il feretro davanti all’ingresso ma la seguì lungo tutto l’anello facendo una cosa sostanzialmente inutile. Il detto completo, conosciuto dai romani più veraci, recita infatti: “Er giro de Peppe, intorno alla Rotonda, appresso alla Reale”.

Vero o meno che sia, questa per noi non è altro che una scusa per una camminata tra due punti, Circo Massimo e Piramide, fisicamente distanti solo un chilometro, ma che ci permette di passeggiare per tanti luoghi meravigliosi del centro di Roma, inclusi, ovviamente, il Pantheon e altri legati alla figura dell’Eroe dei due Mondi e alla sua presenza per difendere la città.

Scheda tecnica itinerario per “Er giro de Pepe”

Quote da 12 a 139 m
Dislivello 193 m
Tempo 2.45 ore
Difficoltà T
Segnaletica nessuna
Periodo consigliato tutto l’anno
Cartografia Roma Map 1:12.000, Edizioni Cartografiche Lozzi
Con i bambini adatto ai ragazzi dagli 11 anni in su solo se ben allenati

La guida

Scopri l’itinerario completo di descrizione dettagliata, mappa e foto nella guida Lazio a piedi di G. Albrizio, A. Anfossi, F. Ardito, F. Belisario, R. Hallgass.

lazio a piedi

A piedi nel Friuli Venezia Giulia con Eugenio Cipriani

In uscita a maggio la nuova edizione di uno dei volumi più amati dai lettori di Iter Edizioni: A piedi nel Friuli Venezia Giulia. L’autore Eugenio Cipriani ce lo presenta.

Escursioni nel Friuli Venezia Giulia: dalle Alpi all’Adriatico in 64 indimenticabili tappe.

Il Friuli Venezia Giulia, a giudizio di chi scrive, è la regione del Nord più bella e più varia sotto il profilo ambientale. La scopriremo in lungo e in largo salendo cime che sfiorano i 3000 metri, attraversando pascoli, foreste, colline, borghi medioevali, fronti di guerra, gole selvagge, altopiani rocciosi per arrivare, infine, al mare.

Passiamo a descrivere le caratteristiche del territorio che visiteremo attraverso gli itinerari descritti in questa guida che, se per voi non saranno i migliori in assoluto, abbiamo la presunzione di credere che, quantomeno, li giudicherete comunque belli. Anzi, molto belli.
Né potrebbe essere diversamente perché il Friuli (ricordarsi l’accento sulla “u”, mi raccomando) è una delle regioni più belle d’Italia. Bella e modesta, come belli (dentro) e modesti sono i friulani. Al Friuli, poi, si accompagna la Venezia Giulia, territorio totalmente a sé sia per caratteristiche geografiche (mare e altopiano carsico) sia per gli abitanti, la maggior parte dei quali residenti a Trieste e nei borghi limitrofi e che sono una popolazione a sé rispetto ai friulani. Naturalmente anche dal punto di vista orografico c’è una bella differenza fra le varie zone e, di conseguenza, fra i vari tipi di escursioni.

Dolomiti Friulane

Partiamo dalle Dolomiti Friulane (o Dolomiti d’Oltrepiave). Qui l’ambiente è tipicamente dolomitico (d’altronde sono costituite in gran parte di dolomia) e le vette più alte (Duranno, Cima dei Preti e Cima dei Frati) sfiorano, pur senza raggiungerli, i 2800 metri, quota che di prealpino ha ben poco. Tuttavia i principali fondovalle si snodano a modesta altitudine e la vegetazione è spesso quella tipica delle Prealpi, cioè in buona parte a latifoglie. Fra esse rientra poi il gruppo Col Nudo-Cavallo, nodo orografico prospiciente la pianura e dalla quota prealpina ma con numerosi versanti che, quanto a ripidezza e dislivelli, incutono timore non meno delle ben più note montagne a nord del fiume Piave.

Prealpi Carniche

Più a sud e più ad est, ma senza oltrepassare la linea del Tagliamento, abbiamo le altre Prealpi Carniche, quelle del Pordenonese e, in parte, della provincia di Udine. Montagne sconosciute ai più ma assai frequentate dai friulani. Montagne dai dislivelli mozzafiato perché i versanti meridionali spesso si ergono direttamente dalla pianura o dall’entroterra collinare sino in vetta con sbalzi fra i mille ed i milletrecento metri, come ad esempio nel caso del Monte Raut. Nelle belle giornate molte di queste cime sono dei belvedere straordinari sull’alto Adriatico e sulla laguna, da Grado a Venezia. Di queste montagne la più (tristemente) nota è il Monte San Simeone, in territorio udinese, epicentro dei devastanti terremoti del maggio e settembre 1976.

Alpi Carniche

Proseguendo verso est e scavalcando il Tagliamento troviamo la Carnia: luogo magico, unico, straordinario! Talmente particolare che o ti piace e te ne innamori, oppure, visto una volta non ci torni più. Perché? Perché la Carnia non si può spiegare. La Carnia è il paesino di poche anime abbarbicato là dove perfino gli alberi faticano a crescere diritti. È la nuvola che incappuccia la cima con la pioggia sempre pronta a rovinarti l’escursione. È la roccia bianca come la neve scintillante al sole ma che dopo un breve rovescio assume un aspetto scuro e triste come la cappa di un vecchio camino. Non solo: la Carnia è terra di invasioni barbariche, di erba falciata su prati dove si fatica a stare in piedi, di donne robuste come tori e capaci di portare pesi come muli, di trincee scavate nella roccia, di contrabbandieri e di confini fantasma di una Cortina di ferro che, fortunatamente, non esiste più. La Carnia è un microcosmo dentro il macrocosmo delle Alpi. Alle quali sembrano non appartenere nemmeno, tanto diverse sono dalle confinanti Dolomiti quanto dai non lontani Tauri. Mi sia consentito esprimere una convinzione maturata in anni di frequentazione di questi monti ma anche delle montagne croate, bosniache e montenegrine: le Alpi Carniche, così come le vicine Giulie, secondo me profumano più di Balcani che di Alpi.

Alpi Giulie

Come le Carniche, anche le Alpi Giulie sono un mondo a sé. Sulle Giulie tutto è grande. Anzi no, meglio: sulle Giulie tutto è profondo. Perché l’impressione che danno queste montagne non è quella di innalzarsi verso il cielo ma di sprofondare verso l’interno della crosta terrestre. Non a caso fra queste montagne troviamo un torrente dal nome emblematico: il rio “Sfonderat”, le cui acque hanno inciso e continuano a incidere il calcare del Monte Cimone creando un impressionante “budello” di oltre mille metri di dislivello che confluisce nel torrente Dogna il quale, a sua volta, trae origine dall’incommensurabile abisso della Clapadorje scavatosi nel corso di centinaia di migliaia di anni fra le rocce dei Curtissons e quelle del Montasio. Insomma, queste montagne sono un susseguirsi di sprofondamenti e di abissi senza fine. Il Montasio, montagna simbolo delle Alpi Giulie italiane, sull’alta Val Dogna prospetta uno fra gli sbalzi di pura roccia più alti e vertiginosi dell’intera cerchia alpina: la parete ovest.

Prealpi Giulie e Carso

Assomigliano alle Giulie ma si presentano assai differenti dalle loro “sorelle” situate dall’altra parte del Tagliamento: stiamo parlando delle Prealpi Giulie. Queste montagne si presentano sotto forma di catene lineari che si succedono una dopo l’altra, dai Musi sino ai colli del Natisone passando per la Venzonassa e il Matajur. In realtà sono lineari solo in apparenza mentre se vi ci si accosta si scopre una ricchezza di contrasti e non solo morfologici. Sono tutte montagne ripide e selvagge, verdissime perché piovose (negli ultimi anni un po’ meno) e tutte, con buona visibilità, balconi straordinari sull’alto Adriatico.

Infine visiteremo il Carso goriziano e triestino, che è il Carso triste della Grande Guerra, il fronte più sanguinoso di tutta la storia d’Italia con le sue undici battaglie dell’Isonzo. Ma è anche il Carso solare e festoso delle gite “fuori porta” di triestini, monfalconesi e goriziani. Il “non mare” della Venezia Giulia, nata e sviluppatasi in simbiosi con l’elemento liquido ma strettamente legata alle alture retrostanti impostate su un altro mare, fatto in questo caso di roccia calcarea purissima, il Carso, appunto, che si estende dall’entroterra di Monfalcone sino a Fiume e alle sue montagne.

Foto Karim Tomasino

La Guida con 64 itinerari alla scoperta della natura

Escursioni nel Friuli Venezia Giulia