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Mese: Marzo 2017

A piedi sulle montagne dell’orso bruno marsicano

Novantacinque anni fa, il Parco d’Abruzzo è nato per tutelare due specie. Il camoscio appenninico,  “il più bello del mondo”, e l’orso bruno marsicano, il signore delle foreste d’Abruzzo. Stefano Ardito ci racconta come vive l’orso nel fantastico scenario del Parco Nazionale d’Abruzzo, una delle aree protette più amate dagli escursionisti di tutta Europa.

Impressionante per le dimensioni (i maschi possono raggiungere i due quintali e mezzo di peso, le femmine sono un po’ più piccole), la sua forza, l’agilità che rivela quando si sente minacciato o vuol giocare, questo mammifero si nasconde quasi sempre agli occhi dei visitatori del Parco, che pure sarebbero felici di poter avere un incontro ravvicinato con lui.

Legatissimo al bosco da cui ricava la “faggiola”, i germogli di faggio che sono uno dei suoi cibi preferiti (l’altro sono le bacche di ramno, che crescono alla fine dell’estate), l’orso marsicano costruisce le sue tane negli angoli più nascosti della faggeta e va in letargo da dicembre a fine marzo. Non si tratta di un riposo assoluto, dato che molti orsi, soprattutto di sesso maschile, escono sporadicamente dalle tane anche in pieno inverno per andare in cerca di cibo o per prendere un po’ di sole.

I periodi migliori per incontrarlo sono quelli che seguono il risveglio e precedono il letargo, nei quali l’orso resta in movimento molto a lungo. A maggio-giugno l’animale, dimagrito durante il riposo invernale, ha bisogno di ingurgitare una enorme quantità di cibo. Qualcosa del genere accade in autunno, quando il “re del bosco” ha l’esigenza di immagazzinare del cibo prima di ritirarsi nella tana.
Se è affamato, l’orso non ha paura di avvicinarsi agli stazzi nella speranza di uccidere una pecora. Un quarto della sua dieta, infatti, è costituito da carne. Più spesso, soprattutto di notte, l’orso lascia la sicurezza del bosco per raggiungere i frutteti, le arnie, i campi di mais e gli orti, un comportamento che lo espone a gravi rischi.
In qualche caso, come per l’orsa soprannominata Yoga tra la Val Fondillo e la Camosciara, e per l’orso Bernardo nella Valle del Giovenco, un orso scende in cerca di cibo verso le strade e i paesi. Il Parco cerca di limitare il fenomeno degli “orsi confidenti” piantando alberi da frutta (mele, soprattutto), installando periodicamente dei carnai e punendo chi abbandona immondizie commestibili nelle aree da picnic e accanto alle strade.

Anche dopo la nascita del Parco, il rapporto tra l’uomo e l’orso non è affatto idilliaco. Dal 1922 a oggi, in media, sono stati trovati morti 2,5 orsi all’anno. Tra il 1980 e il 1985 si è arrivati a 5, poi c’è stato un calo, infine la media è salita di nuovo. In oltre l’80% dei casi la morte è stata causata dall’uomo con fucilate, lacci per cinghiali, bocconi avvelenati, investimenti da parte di auto e treni.
Questi terribili dati contrastano con quelli degli anni Ottanta, quando i documenti dell’allora Parco Nazionale d’Abruzzo parlavano di “80-100 esemplari” presenti nell’area e di una specie in salute. I ricercatori del Corpo Forestale dello Stato erano più pessimisti, e avevano ragione. Da qualche anno il test del DNA, compiuto su ciuffi di pelo o escrementi, consente di distinguere i singoli orsi.

Gli studi più recenti parlano di circa 40 animali, concentrati nel Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise e nei suoi immediati dintorni, più 5-8 maschi isolati che vagano su una zona più vasta. Il vero patrimonio sono le 10-12 femmine in età riproduttiva, che non si allontanano dal Parco. Un’orsa partorisce ogni tre anni, i parti sono tre o quattro a stagione. Questo spiega quanto è stretto il margine per salvare la specie dall’estinzione.

foto: Massimo Piacentino

Pasqua in Sicilia: escursioni tra mare e montagna

Pasqua e i ponti di primavera si avvicinano e tra le tantissime idee viaggio per gli appassionati del trekking oggi suggeriamo la Sicilia. Nella guida I 50 sentieri più belli della Sicilia troverete tantissime proposte per escursioni immersi nella straordinaria natura dell’Isola.

Il Trapanese e le Egadi offrono a chi ama camminare luoghi unici, come la Riserva Naturale dello Zingaro, il Monte Cofano, lo Stagnone di Marsala e l’Isola di Levanzo.
La zona che va da Palermo alle Madonie costituisce uno scrigno di natura: dalla Riserva di Capo Rama al Monte Pellegrino, dal Bosco della Ficuzza alle isole di Ustica e Cefalù, fino alla natura selvaggia e incontaminata delle Madonie.
A cavallo delle province di Palermo e Agrigento si alza il gruppo dei Monti Sicani: un vero e proprio laboratorio geologico, con paesaggi che si perdono per chilometri nel lembo meno conosciuto e più autentico dell’Isola. A Sud, inoltre, sono possibili le bellissime escursioni tra i calanchi argillosi della costa agrigentina di Capo Bianco e Torre Salsa.

Tornando nel Nord dell’Isola, i Monti Nebrodi, celebri per le floride faggete che ne ricoprono i versanti in quota oltre i 1300 metri, offrono anche a quote più modeste l’incontro con vasti boschi di querce, che lasciano senza fiato per il loro fascino e per i tesori naturalistici che custodiscono.
Ma su tutti domina dall’alto l’Etna, il vulcano attivo più alto d’Europa, dalla cima bianca e dal pennacchio di fumo per gran parte dell’anno. Salire ad affacciarsi sui crateri è possibile solo partecipando a una escursione organizzata dalle guide alpine e vulcanologiche dell’Etna, esperienza che vi consigliamo vivamente.
I Peloritani, dai profili aspri, con le fiumare e le cime spesso isolate, ospitano rocce dalle forme curiose ed evocative come i megaliti dell’Argimusco o la Rocca di Novara.
E poi le Eolie, con Stromboli in primo piano. L’isola è il secondo vulcano attivo della Sicilia: qui lo scenario è unico e richiama milioni di turisti che ogni anno si recano speranzosi di poter assistere all’eruzione e alla formazione della Sciara del Fuoco.

Infine, chiudiamo la carrellata delle bellezze naturalistiche della Sicilia con l’altopiano calcareo degli Iblei, solcato da numerose cave, ognuna con la sua peculiarità, naturalistica, paesaggistica o archeologica: gli amanti dei sentieri non possono prescindere nei loro itinerari da un’escursione alla Riserva di Valle dell’Anapo e Pantalica, luoghi suggestivi, pregni di storia, incastonati in una cornice naturalistica di pregio tra i fiumi Anapo e Calcinara.

E ricorda, metti nello zaino la guida I 50 sentieri più belli della Sicilia!

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Monte Girella da San Giacomo, discesa per il Vallone

Luca Mazzoleni, nella nuova edizione della guida Scialpinismo in Appennino Centrale, ha inserito 34 nuovi itinerari tra cui la gita al Monte Girella. Così ce la descrive l’autore.

Aggiungendo queste gite mi è possibile finalmente colmare una lacuna presente nella precedente edizione de “La Montagna Incantata”, dove i Monti Gemelli non erano presenti. Già da molti ignorati, e a chi li vede dal Gran Sasso spesso confusi all’orizzonte con i Sibillini, questi Monti meritano di sicuro una visita quando le perturbazioni adriatiche li ricoprono di neve abbondante e spesso ottima. Vi si trovano gite brevi ma che è possibile accoppiare, se si hanno energie e tempo sufficienti; sono itinerari dai dislivelli contenuti ma equilibrati nello sviluppo; assai divertenti nelle discese con panorami inconsueti su Sibillini, Gran Sasso e Laga. Provare per credere.
La gita è descritta con la salita integrale da San Giacomo, ma è ovviamente possibile partire dalle Tre Caciare, abbreviandola di molto. La scelta ai ripetitori, in base all’innevamento e alla voglia di faticare più o meno.

Località di partenza: San Giacomo SP. 53, 1074 m
Dislivello: 850 m
Tempo di salita: ore 2,15
Tempo di discesa: ore 1,00
Difficoltà: Medio Sciatore
Esposizione: nord/nord/ovest
Cartografia: Monti Gemelli, CAI Ascoli

Accesso

Da Ascoli Piceno per strada provinciale; da Teramo prima per la SS. 81 Piceno-Aprutina, quindi da Civitella del Tronto per la SP. 53.

Salita

Arrivando a San Giacomo da Civitella del Tronto lungo la Provinciale poco prima degli Hotel s’incontra una netta curva prima della salita; qui sulla sinistra si lascia l’auto presso la rimessa del battipista che da qui sale lungo la pista, ormai non più servita dalla vecchia bidonvia. Si risale il pistone, generalmente battuto dal gatto, che sulla sinistra entra nel bosco e risale alle sovrastanti piste di Monte Piselli. Comoda è la salita lungo la vecchia pista fino alle Tre Caciare 1438 m (ore 0,40) dove parte la seggiovia di Monte Piselli. Ancora lungo le piste si continua fino alla stazione della seggiovia a Monte Piselli 1678 m, che si oltrepassa continuando sulla sinistra di un vecchio skilift e del campo della scuola sci; breve discesa in un’ampia dolina dove si notano in successione un paio di capanne in pietra dei pastori, poi su per il dosso successivo e a seguire un altro pianoro: la cima è ormai vicina, segnalata dalla croce e da alcuni ponti radio. La vista è davvero magnifica tutt’intorno: dal Gran Sasso ai vicini Monti della Laga e Sibillini, con uno sfilare di cime e pendii innevati scintillanti. Altra leggera discesa nel catino a est e con un’ultima lieve risalita si è sulla vetta del Monte Girella 1814 m (ore 2,15).

Discesa

Dalla cima si ritorna lungo la via di salita oltre il primo pianoro sotto la cima e si va ad affacciarsi sul versante nord/nord/ovest, che con bella pendenza scivola nel Fosso Il Vallone: a ben vedere il bordo sinistro del Vallone appare come una mano chiusa a pugno, con le nocche sporgenti: da questo il nome locale Pugno. Si scende con ampie curve, puntando a un’evidente caciara sul lato del fosso (quota 1450 circa). Ci si lascia a sinistra la caciara e si tiene il lato destro del Vallone, seguendo la traccia del sentiero, incontrando i primi faggi e una fascia di roccette, alte sulla destra. La discesa prosegue, si entra nella faggeta a quota 1400 circa e non troppo oltre il sentiero risale leggermente sulla destra per uscire dal vallone e tornare verso le Tre Caciare. Tutto sommato potrebbe essere conveniente rimettere per questo breve tratto le pelli e così uscire dal fosso sulla destra e attraversare il pendio aperto che quasi in piano raggiunge prima una strada forestale e poi quella che da San Giacomo porta alle Tre Caciare (circa 15/20 minuti di lieve risalita). Ora non resta che la veloce e divertente discesa per la vecchia pista che termina al punto di partenza (ore 1,00, croce e ponti radio).

La guida

L’itinerario proposto è tratto dalla guida Scialpinismo in Appennino Centrale di Luca Mazzoleni.

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Escursione sulle Madonie: il Pizzo Carbonara

L’itinerario al Pizzo Carbonara è sicuramente uno dei più interessanti della guida I 50 sentieri più belli della Sicilia: camminare sulle Madonie, e in questo massiccio in particolare, significa fare un vero e proprio viaggio geologico. Scopriamo perché.

Il massiccio del Pizzo Carbonara, seconda cima della Sicilia con i suoi quasi 2000 metri di altezza, è indubbiamente il cuore del Parco delle Madonie. Se queste montagne vengono chiamate le “Dolomiti Siciliane” devono per gran parte questo soprannome proprio all’aspetto aspro e maestoso del massiccio, anche se pure in altre parti delle Madonie si rileva una grandiosità analoga.

Il massiccio del Carbonara ha una forma a mo’ di panettone, con pareti quasi verticali e versanti scoscesi che dai 1200 metri fin quasi ai 1800 metri circondano i pianori sommitali. Ma l’orografia di questa montagna, costituita in gran parte da calcari mesozoici, ricorda forse ancor di più un’altra importante regione montana a cavallo tra Italia e Slovenia: il Carso.

Escursione sui boschi delle Madonie. Foto di Stefano Ardito
Percorrere le Madonie, e il Carbonara in particolare, significa fare un viaggio geologico da manuale: doline, inghiottitoi, polje, valli cieche, sono frequentissime, oltre naturalmente alle cavità, che però bisogna saper cercare…

Altro effetto inequivocabile della natura carsica di questi rilievi è lo scorrimento di acque superficiali, scarso o nullo per gran parte dell’anno. Eppure l’apporto idrico delle Madonie alle popolazioni della provincia di Palermo è ingentissimo e si concretizza con le due copiose sorgenti di Scillato, e della Presidiana, a Cefalù, le cui acque sgorgano praticamente al livello del mare.

Ai piedi del Carbonara, a 1600 metri di altezza, si estende il Piano Battaglia, una conca di origine carsica particolarmente ampia. Attorno al pianoro sono sorti nei decenni passati degli impianti sciistici che ne hanno fatto l’unica stazione invernale della Sicilia occidentale.

Purtroppo l’apertura delle piste da sci, la costruzione di nuove case e strade e l’allargamento di quelle già esistenti ha determinato ingenti danni all’ambiente naturale, in particolar modo alla faggeta. Fortunatamente però basta allontanarsi da Piano Battaglia e iniziare la risalita verso la cima per allontanare gli spettri della nostra chiassosa civiltà.

La guida

L’itinerario completo di scheda tecnica, descrizione dettagliata e mappa lo trovi nella guida I 50 sentieri più belli della Sicilia di Carmelo Sgandurra, Eduardo di Trapani e Marilisa Vassallo:

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Con le ciaspole dalla Majelletta al Blockhaus

Dalla guida Le 50 ciaspolate più belle d’Abruzzo di Stefano Ardito e Angelo Monti ecco il panoramico e divertente itinerario invernale che conduce al Blockhaus. Buona escursione!

I ripidi fianchi della Majella, la “montagna madre” d’Abruzzo, non offrono molti itinerari adatti agli escursionisti con le ciaspole. Mentre i ripidi valloni del versante occidentale, rivolto verso Caramanico, la conca di Sulmona e il Morrone presentano splendidi e impegnativi itinerari agli scialpinisti, i giganteschi canyon che scendono verso le colline di Chieti e l’Adriatico sono troppo boscosi e rocciosi per consentire delle belle passeggiate invernali.
Un itinerario di grande fascino, invece, si svolge sul crinale più settentrionale del massiccio. Nei boschi di Passo Lanciano e sugli ampi pendii della Majelletta vengono tracciate le piste di due piccole stazioni invernali. Oltre questa cima, ai piedi della quale sono delle grandi antenne e l’accogliente rifugio Pomilio, recentemente rinnovato dal CAI di Chieti, un largo crinale conduce in direzione del Blockhaus. Sulla sua vetta, circondati da fittissimi mughi, si trovano i resti di un fortino costruito nel 1866 per combattere il brigantaggio. Oltre il Blockhaus, una cresta più aspra e rocciosa separa i valloni di Selvaromana e dell’Orfento, e si dirige verso il Focalone, l’Acquaviva e le altre vette più elevate del massiccio. L’itinerario che consigliamo, che merita di essere percorso anche in estate, offre vasti e inconsueti panorami sia in direzione del Gran Sasso, che appare al di là della Valle del Pescara, sia verso la distesa dell’Adriatico. Si inizia lungo la strada estiva, a sinistra delle piste da sci, oltre la Majelletta si segue un crinale pianeggiante. La salita alla cima del Blockhaus è ripida ma breve. Non ci sono difficoltà, ma su questo crinale esposto in pieno alla tramontana la neve si trasforma spesso in ghiaccio. Guide alpine e strutture ricettive della zona propongono spesso delle camminate accompagnate.

Foto di Alessandro Peca.

La descrizione dettagliata dell’itinerario, la mappa del percorso e la scheda tecnica la trovi nella guida Le 50 ciaspolate più belle d’Abruzzo

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Scialpinismo in Majella sui Monti Mileto e Le Mucchia: la Costa del Sole

Luca Mazzoleni ci descrive uno degli itinerari di scialpinismo in Majella tra i più panoramici nella guida Scialpinismo in Appennino Centrale.

La vista dell’imponente dorsale della Maiella accompagna lungo tutto il percorso della gita: i Monti Mileto e Le Mucchia godono del miglior colpo d’occhio su tutte le grandi Rave del versante ovest della Maiella, che ripidissime scendono dal Monte Amaro e dal Monte Pescofalcone. Piacevole e poco faticosa la salita, sebbene non sia proprio breve; divertente e stuzzicante la discesa per la Costa del Sole.

Località di partenza: Guado San Leonardo 1282 m
Località di arrivo: bivio di Roccacaramanico SS. n°487, 990 m
Dislivello: 935 m in salita; 1230 m in discesa
Tempo di salita: ore 3.30
Difficoltà: Medio Sciatore
Esposizione: est
Cartografia: Montagne del Morrone, CAI Sulmona

Accesso

Da Caramanico o Sulmona si segue la SS. n°487 fino a Guado San Leonardo dove si posteggia nel piazzale dell’albergo Celidonio. Il punto di arrivo della discesa è sulla stessa statale, nei pressi del bivio per Roccacaramanico a circa sei chilometri dal Guado.

Salita

Dal piazzale dell’albergo Celidonio ci si dirige verso lo ski-lift di sinistra (sud), entrando nel bosco e imboccando una strada forestale (chiari segni bianchi e rossi), che sale con ampi tornanti in una bella faggeta. Si continua lungo il viottolo fino a uscire su pendio aperto ora più ripido (attenzione alla stabilità del manto), che decisi si risale fin a guadagnare il largo crestone che si affaccia su Pacentro. Per il crinale si prosegue prima sull’Anticima 1903 m e poi sul Monte Mileto 1920 m (ore 2.00, piccoli ometti poco visibili con neve alta). È anche possibile evitare la cima del Mileto per abbreviare il percorso, tagliando il pendio fuori della faggeta con una lunga diagonale a mezza costa verso nord. Dal Mileto si continua verso nord lungo il largo crinale, abbassandosi quindi in una conca che prosegue in una valletta. Adesso la cresta si allarga in un susseguirsi di piccole conche e pianori. Si lascia alla sinistra un primo piccolo rifugio e si passa accanto a un secondo rifugio più grande (Casa Capoposto 1755 m).
Si prosegue sempre a nord nella valletta e quando questa termina si scende in un marcato valloncello alle pendici del versante meridionale del Monte le Mucchia. La via più rapida per la cima è quella che risale il pendio direttamente, guadagnando la cresta che si segue fino in vetta al Monte Le Mucchia 1986 m (ore 3.30). Si può anche proseguire nel valloncello, aggirando il versante sud e raggiungendo la cima per i pendii più dolci che la compongono sul lato occidentale.

Discesa

Dalla cima percorrere a ritroso la cresta fatta a salire; quindi lasciare a destra la traccia di salita e proseguire sul crinale, sciando prima sul lato sinistro, poi su quello destro, costeggiando la parte alta del Fosso Senza Nome. A quota 1550 circa s’incontrano i primi radi alberi, qui si scende a sinistra del filo della crestina per radure e tratti di bosco. Quando si ha a sinistra un gruppo di verdi pini si piega a destra per evitare un tratto di roccette, scendendo nella parte bassa del Vallone, dove la neve si mantiene più a lungo (tracce di sentiero visibili se non c’è neve). Ora per aperti pascoli ci si dirige a vista al bivio per Roccacaramanico della SS. n°487.

La guida

L’itinerario proposto è tratto dalla guida Scialpinismo in Appennino Centrale di Luca Mazzoleni.

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L’escursione sul Monte Cofano tra i sentieri più belli della Sicilia

La Riserva del Monte Cofano rappresenta un’area di natura di enorme interesse della costa trapanese, situata tra San Vito Lo Capo e Trapani. Qui l’escursionista trova un paradiso: mare cristallino, baie marine incontaminate, macchia mediterranea di pregio e rare specie di uccelli. L’itinerario è proposto nella guida I 50 sentieri più belli della Sicilia.

Il Monte Cofano è un imponente promontorio calcareo dall’inconfondibile forma a cuneo che, con i suoi 659 metri, domina l’ampio tratto di costa a cavallo fra i golfi di Bonagia a ovest e di Cofano a est, tutelato dall’omonima Riserva Naturale.
L’azione congiunta dell’ acqua e del vento ne ha modellato il territorio scolpendolo con guglie di pietra e falesie e traforandolo con innumerevoli grotte.

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Oggi il paesaggio naturale è dominato da una macchia a palma nana, pianta onnipresente nella Riserva, e sterminate praterie di graminacee su cui si affacciano qua e là vecchi alberi di carrubo, rare querce e qualche ulivo. Un tempo verosimilmente l’area era ricoperta da una fitta macchia-foresta mediterranea di cui rimangono solo esili tracce scampate all’azione millenaria dell’uomo.

L’abbandono delle campagne, il flagello degli incendi e il morso degli armenti hanno impedito il ripristino della vegetazione naturale. Tuttavia il promontorio continua a racchiudere un impressionante patrimonio botanico che nei mesi primaverili esplode come la tavolozza di un pittore. Centinaia di orchidee colorano i prati in aprile mentre abbarbicati negli anfratti di roccia fioriscono alcune piante rarissime, esclusive di questa porzione del trapanese, come lo sparviero di Monte Cofano, il cavolo di roccia o l’elegante erica siciliana.

Di grande interesse anche la fauna, in particolare quella meno appariscente degli invertebrati. Le centinaia di gusci di chiocciole ben visibili alla base dei costoni di roccia sono uno dei tanti esempi della straordinaria biodiversità della Riserva.

Il periplo del promontorio qui descritto mostra anche le tracce dell’uomo disseminate lungo l’itinerario: la torre di Cofano, fortificazione militare costruita nel XVI secolo a difesa della vicina tonnara, le antiche fosse per il garum, la salsa apprezzata dai Romani, la Grotta del Crocifisso, che ha restituito tracce della vita nel Neolitico, e la torre di San Giovanni.

La guida

L’itinerario completo di scheda tecnica, descrizione dettagliata e mappa lo trovi nella guida I 50 sentieri più belli della Sicilia di Carmelo Sgandurra, Eduardo di Trapani e Marilisa Vassallo:

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Scialpinismo sui Monti della Laga: Monte Gorzano da Cesacastina

Oggi vi proponiamo questo itinerario tratto dalla guida Scialpinismo in Appennino Centrale di Luca Mazzoleni: il Monte Gorzano da Cesacastina. Non resta che augurarvi una buona sciata!

Salita non impegnativa, percorribile anche con condizioni di abbondante innevamento. L’itinerario è denominato crestone sud/est o anche Costa delle Troie, al gusto del lettore il toponimo preferito.
In ogni caso una divertente gita in compagnia della spettacolare vista sul versante settentrionale del Gran Sasso. Consigliabile abbinare la salita per la Costa delle Troie alla discesa per la Valle delle Cento Fonti.

Località di partenza Cesacastina 1141 m
Dislivello 1300 m
Tempo di salita ore 3.30
Difficoltà Medio sciatore
Esposizione sud/est
Cartografia Monti della Laga, CAI/S.E.R., Monti della Laga CAI Teramo/Selca Firenze

Accesso

Dalla SS. n°80 L’Aquila-Teramo si svolta al bivio di Aprati per Cesacastina.

Salita

Dalla parte alta del paese, presso la pensilina in legno della fermata del pullman, una stradina prima asfaltata e poi subito sterrata sale verso le Piane. Si segue la strada fino al primo tornante: qui è conveniente lasciare la carrareccia, che compie un lungo giro, e accorciare tagliando a destra. Si attraversa un fossetto e si sale a mezza costa in direzione ovest, lasciandosi in basso a sinistra gli ampi pianori a monte del paese, il campo di calcio e un grande e brutto stazzo in lamiera. Si continua a salire oltre la piccola costruzione di una presa d’acqua recintata a quota 1580, tagliando i larghi tornanti della carrareccia. Lasciata andare a sinistra la stradina che scende nella Valle delle Cento Fonti (1699 m) si segue il bordo dell’ampio costone che la delimita. Si sale attraversando una breve e agevole fascia di bosco e si prosegue per il crinale della Costa delle Troie. Con percorso evidente lungo cresta si raggiunge la cima di Monte Gorzano 2458 m (ometto e piccola croce metallica talvolta sommersi dalla neve alta, ore 3.30).

Discesa

Una possibilità molto seguita è quella per la via di salita. Altrettanto valida e divertente può essere la discesa per la Valle delle Cento Fonti, dove il vento non rovina la neve fresca e polverosa da poco caduta (ma se la neve è caduta da qualche giorno il sole la può rendere difficile e crostosa).
Se così si preferisse dalla cima lasciare andare a sinistra la traccia di salita e scendere diretti a vista verso l’ampio bacino a sud sul crinale che, dopo un breve tratto più ripido, si appoggia sul pendio dolce e ben sciabile che tra gobbe e valloncelli scende senza via obbligata. Tenendo la sinistra dell’ampia Valle si incontra un ruscello e, se non è sommersa dalla neve, la Sorgente Mercurio. Quindi prima della linea del bosco si nota sulla destra una baracchetta/stazzo in lamiera. Senza raggiungere la baracchetta cercate e seguite la pista che sulla sinistra attraversa su un ponticello il ruscello ed entra nella faggeta. Poco oltre sarà necessario almeno sganciare gli sci o forse rimettere le pelli per risalire un breve tratto e tornare lungo la stradina sulla traccia del mattino, a quota 1699. Ora una lunga scivolata e ancora tante curve riportano al punto di partenza.

La guida

L’itinerario proposto è tratto dalla guida Scialpinismo in Appennino Centrale di Luca Mazzoleni.

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