Skip to main content

Mese: Gennaio 2016

Scopri i luoghi della Grande Guerra con la guida ai forti, alle trincee, ai musei, ai sentieri

Il libro La Grande Guerra. Guida ai luoghi del 1915-18 di Stefano Ardito, illustrato da oltre 300 foto emozionanti, è un viaggio fotografico nei luoghi delle battaglie, nelle retrovie e nelle città dove a soffrire sono stati i civili. Così ce lo introduce l’Autore:
“Tra il 1915 e il 1918 l’Italia è cambiata per sempre. Le battaglie del Carso, dell’Isonzo e delle Alpi, la rotta di Caporetto, la resistenza sul Grappa e sul Piave, infine l’offensiva di Vittorio Veneto. Lungo il fronte il paesaggio e la gente sono cambiati ancora di più. Pianure, colline e montagne hanno visto nascere forti, strade, caserme e trincee. Austro-ungarici e italiani hanno steso migliaia di chilometri di reticolati, piazzato centinaia di migliaia di mine, sparato milioni di proiettili con fucili, mitragliatrici e cannoni. Per la prima volta nella storia sono stati utilizzati aerei, gas tossici, carri armati, lanciafiamme.

Dal 24 maggio 1915 al 4 novembre 1918, gli eserciti del Regno d’Italia e dell’Impero di Austria-Ungheria si combattono su un fronte di circa 500 chilometri. La frontiera, fissata nel 1866 dopo la Terza Guerra d’Indipendenza, si stacca dal confine italo-svizzero nei pressi del Passo dello Stelvio, si dirige a sud scavalcando il Cevedale e il Gran Zebrù, prosegue oltre il Passo del Tonale sulle distese di ghiaccio dell’Adamello.

Una memoria da conservare
Oggi il ricordo della Grande Guerra resta fondamentale per l’Europa. Anche se gli ultimi reduci, i “ragazzi di Vittorio Veneto” della classe 1899 in Italia, hanno ormai lasciato questo mondo, anche se tre o quattro generazioni separano uomini e donne di oggi dai loro antenati museo-risorgimento-grande-guerrache hanno combattuto e sofferto nelle trincee, capire cosa è successo un secolo fa nelle Fiandre, sull’Isonzo e in Galizia è decisivo per capire l’Europa dei nostri giorni.
Libri di storia, documentari, film, convegni svolgono un ruolo importante per raccontare alle generazioni di oggi il passato. Nulla, però, avvicina a quegli anni drammatici e lontani come una visita ai campi di battaglia.

Questa è una guida ai forti, ai memoriali, alle trincee, ai cimiteri di guerra, ai sentieri e ai musei. Ma è anche un libro da conservare, per conoscere e capire una tragedia ormai lontana un secolo, ma che ha segnato l’Italia di oggi. E che continuerà a segnarla in futuro.”

 

Novità 2016: l’Atlante d’Italia con l’elenco di tutti i distributori gpl e metano

Cerchi un distributore GPL o metano? Niente di più facile con il nuovo e aggiornatissimo Atlante d’Italia in scala 1:750.000 con l’elenco di tutti i distributori GPL e Metano!
L’atlante d’Italia GPL e Metano è l’ideale strumento di viaggio per te che hai un’auto alimentata a gas: dovunque tu sia, fare il pieno sarà facile e immediato. Per trovare la stazione di servizio più vicina o pianificare il viaggio puoi cercare dalle mappe oppure dall’elenco.gpl-metano-2

Ricerca sulle mappe
• Se sei su una statale, una provinciale o in una strada di un centro abitato, basterà consultare le tavole cartografiche per trovare il distributore più vicino: qui sono evidenziate tutte le località dove sono presenti stazioni di servizio con gpl e/o metano.
• Per le grandi città di Torino, Genova, Milano, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Palermo e Cagliari trovi mappe dedicate con i distributori gpl e metano esattamente indicati.
gpl-metano-4• Se ti trovi in autostrada, puoi consultare i praticissimi schemi della rete autostradale. Anche qui i simboli gpl e metano indicano le aree di servizio provviste.

Ricerca dagli elenchi dei distributori GPL e Metano
• Ti consigliamo questo tipo di ricerca se già conosci la località o l’area di servizio autostradale dove vuoi fare rifornimento. Negli elenchi, divisi per regione, sono infatti riportati tutti i distributori Metano e GPL completi delle informazioni più utili aggiornate (compagnia di bandiera, indirizzo, telefono, ecc.). Per i distributori di metano, che nelle regioni meridionali sono più difficili da trovare, indichiamo anche la distanza dal più vicino casello autostradale.

Nulla sarà più semplice d’ora in poi che trovare un distibutore GPL o metano.. Buon viaggio!

Scialpinismo, ciaspole, alpinismo invernale: le guide per scoprire la montagna d’inverno

L’inverno è arrivato, e con lui finalmente anche la neve! Se ami la montagna e pratichi sport invernali, ti consigliamo le guide Scialpinismo in Appennino Centrale. La Montagna incantata di Luca Mazzoleni e Le 50 ciaspolate più belle d’Abruzzo di Stefano Ardito e Angelo Monti.

Bellissime guide con itinerari di scialpinismo, da fare con le ciaspole o con piccozza e ramponi sui massicci dei Monti Sibillini, sul Gran Sasso, sulla Laga, sul Terminillo, sul Velino-Sirente, sul Parco d’Abruzzo, sulla Majella, sui Simbruini ed Ernici. Insomma, tantissime proposte per gite divertenti e adatte a tutti i livelli!
Se sei alle prime armi, ti consigliamo di leggere attentamente i consigli di Stefano Ardito che riportiamo di seguito.

Per non andare da soli
Le ciaspole vanno di moda, e sulle montagne d’Abruzzo, ogni inverno, cresce il numero delle agenzie e delle associazioni che propongono escursioni guidate sulla neve. Per chi si avvicina alla montagna invernale non è facile distinguere tra le strutture più affidabili e quelle che lo sono un po’ meno. Ci si può iscrivere con fiducia alle camminate organizzate dalle sezioni abruzzesi (www.caiabruzzo.it), laziali (www.cailazio.it) e marchigiane (www.caimarche.it) del CAI, molte delle quali promuovono corsi di escursionismo in ambiente innevato. Sono affidabili anche i gruppi trekking aderenti a Federtrek (www.fedetrek.org). Prima di partecipare a uscite invernali promosse da pro-loco, alberghi e altro è buona norma informarsi sulla presenza o meno di guide alpine o di accompagnatori titolati. Un ottimo modo per avvicinarsi alla montagna invernale è iscriversi ad attività organizzate da agenzie e cooperative nelle quali operano i professionisti della montagna abruzzesi iscritti al Collegio Regionale Guide Alpine Abruzzo. L’elenco dei singoli professionisti è sul sito www.guidealpineabruzzo.it. L’elenco delle agenzie, suddiviso per zone e aggiornato all’uscita della guida, è il seguente:
Gran Sasso • Abruzzo Mountains Guide (Fonte Cerreto, 340.7238062, agostino.cittadini@gmail.com); Compagnia delle Guide (Teramo, 340.7616496, info@compagniadelleguide. it); Gran Sasso Laga Trek (Teramo, 347.3717423, massimo.fraticelli@gransassolagatrek.it); Mountain Evolution (Assergi, 347.7661126, mountainevolution@gmail.com).
Velino-Sirente • Abruzzo Mountains Wild (Rocca di Mezzo, 388.8368340, segreteria@abruzzomountainswild.com); Cooperativa Sherpa (Avezzano, 0863.1940278, info@sherpa. abruzzo.it).
Parco d’Abruzzo • Ecotur (Pescasseroli, 0863.912760, informazioni@ecotur.org); I Camosci (Villetta Barrea, 338.4321925, info@escursionismoicamosci.org); La Libellula (Civitella Alfedena, 335.8053489, escursioni@ labetullaonline.com); Wildlife Adventures (Pescasseroli, 0863.1856566, info@wildlifeadventures.it).
Majella • Il Grande Faggio (Pretoro, 0871.898143, info@ ilgrandefaggio.it); Maja Ambiente (Caramanico Terme, 085.922343, info@majambiente.it); Majella Trekkers (Pretoro, 348.629937, majellatrekkers@gmail.com); Majella Trekking (Campo di Giove, 392.6124666, w.santoleri @gmail. com); Masseria Cerasella (Pescocostanzo, 320.7515320, rinaldoledonne@gmail.com); Montabruzzo (Roccamorice, 340.6650939, guidagiampiero@yahoo.it).
Operano in Abruzzo anche le guide alpine delle Marche e del resto d’Italia. La Regione Lazio non ha mai regolamentato le professioni di montagna, creando una situazione pericolosa.

Monti-Sibillini-escursionismo-invernale

Rispettarsi a vicenda
Anche se spesso percorrono gli stessi itinerari, almeno per una parte della giornata, gli escursionisti e alpinisti con piccozza e ramponi, gli escursionisti con le racchette da neve e quelli con gli sci da fondo non si conoscono tra di loro. Per questo motivo, a volte, compiono delle azioni che disturbano inutilmente gli altri.
La più grave, purtroppo diffusissima, consiste nel pestare e rompere con le racchette da neve o gli scarponi i “binari” faticosamente aperti dai fondisti, e che – se lasciati intatti – renderebbero scorrevole, divertente e non faticoso il ritorno. Per chi si muove con le ciaspole, tranne che in presenza di un metro di neve fresca, camminare all’esterno dei binari non causa una fatica particolare. Lo stesso rispetto, specie sui pendii più ripidi, è dovuto alle tracce incise nella neve dagli scialpinisti, e che permettono a chi segue di salire comodamente e in sicurezza.

Monti Simbruini ed Ernici: gli itinerari di scialpinismo di Luca Mazzoleni

Monte Viglio da Filettino e da Meta, Monte del Passeggio, Pizzo Deta da Rendinara e da Prato di Campoli: ecco le vette dei Simbuirini e degli Ernici descritte da Luca Mazzoleni nella guida Scialpinismo in Appennino Centrale. La montagna incantata.

Tra gli 8 itinerari proposti che si svolgono su questi monti, puoi scegliere gli itinerari più adatti al tuo livello e al tuo grado di allenamento.
Ecco come ci presenta l’autore questa zona.

boschi-monti-Ernici
“A cavallo tra Lazio e Abruzzo anche questi monti hanno belle gite da offrire. Il numero degli itinerari proposti non è elevato e l’interesse potrebbe essere più che altro locale, ma comunque non deluderanno gli appassionati più curiosi. Per lo più sono gite d’impegno medio i cui ingredienti sono quelli di gran parte dell’Appennino: ricche faggete, creste e cime nevose affacciate come balconi sulla Valle del Liri, la Conca del Fucino, le campagne della Ciociaria. Tra queste la discesa del Vallone di Peschiomacello offre sicuramente una discesa impegnativa in ambiente eccezionale. Tutto sta a pazientare per trovarvi le condizioni d’innevamento adatte, cosa non troppo frequente data la quota modesta. Ma vedrete: come sempre la pazienza sarà premiata da una grande discesa. Monte Viglio è proprio lo spartiacque dei due gruppi montuosi, che in parte già sono protetti dal Parco Regionale dei Monti Simbruini, che ci auguriamo possa in futuro estendersi anche ai Monti Ernici. Il patrocinio del Parco per questa guida vuole essere di buon auspicio all’estensione del territorio protetto anche al Pizzo Deta e alle altre cime degli Ernici. Attenzione: diverse strade bianche citate nelle schede degli itinerari non sono segnate sulla carta della zona.”

Giubileo 2016, apertura della Porta Santa della Basilica di San Paolo fuori le mura

Lunedì 25 gennaio 2016, giorno della Festa della Conversione di San Paolo, in occasione del Giubileo della Misericordia vi sarà l’apertura della Porta Santa della Basilica di San Paolo fuori le mura. Per muoversi senza difficoltà, consigliamo ai pellegrini diretti a Roma la Mappa del Pellegrino e Roma Medievale e Cristiana, la guida di Roma per scoprire le meraviglie della Città Eterna. Offriamo un assaggio nel testo che segue dell’autrice Maria Antonietta Bonaventura.

Questa Basilica sorge sul luogo dove “l’apostolo delle genti” ebbe sepoltura. Fu l’Imperatore Costantino a farla erigere, ma fu interamente rifatta ed ampliata verso la fine del IV secolo: nell’iscrizione dello splendido mosaico dell’arco trionfale si legge che “Teodosio iniziò, Onorio finì”. Questa maestosa Basilica, una delle meraviglie del mondo, fu quasi totalmente distrutta da un incendio nel 1823. Venne ricostruita da Pio IX nel 1854, sulle stesse fondamenta, secondo l”originario disegno.
Sulla facciata si apre la porta bizantina (1070) restaurata in occasione del Giubileo del 2000, composta da più di cinquanta formelle rettangolari con scene della vita di Cristo e figure di apostoli e profeti sotto le arcate. È posteriore di più di otto secoli la vicina porta di bronzo, realizzata da E. Maraini nel 1930, i cui pannelli presentano in parallelo scene della vita dei Santi Pietro e Paolo.

La basilica costantiniana era molto più piccola dell’attuale ed era orientata in direzione opposta, con l’ingresso verso la via Ostiense. Appena qualche decennio dopo la costruzione voluta da Costantino, nel 386, i tre imperatori che reggevano contemporaneamente l’impero nuovamente suddiviso, Valentiniano II, Teodosio il Grande e suo figlio Arcadio, vollero realizzare un nuovo edificio, che venne chiamato basilica dei tre imperatori o basilica teodosiana, dal nome del più importante dei tre, Teodosio, che di lì a qualche anno proclamerà il cristianesimo religione ufficiale dell’impero. La basilica teodosiana venne allora orientata verso il Tevere, sul quale era praticamente affacciata, mentre oggi ne è separata dagli argini e dai muraglioni realizzati a fine Ottocento contro le inondazioni fluviali. La basilica attuale presenta lo stesso orientamento e lo stesso vastissimo spazio, suddiviso in cinque navate, che mettono in evidenza le dimensioni dell’edificio: fino alla costruzione rinascimentale di San Pietro in Vaticano, San Paolo fu la più grande basilica della cristianità. È facile dedurne il ruolo che la chiesa stessa e soprattutto l’abbazia benedettina cui apparteneva sostennero per buona parte del Medioevo. La circostanza trova ulteriore conferma nella serie dei medaglioni a mosaico che si susseguono sulle arcate delle navate mediane e sul transetto, con la serie completa dei 264 pontefici che si sono succeduti ufficialmente sulla cattedra di Pietro fino a Giovanni Paolo II. Questi ritratti fanno della basilica un archivio iconografico unico al mondo, anche se, ovviamente, non si può giurare sul loro realismo, specie per quanto riguarda la fase più antica.
I tondi che vediamo sono stati completamente rifatti dopo l’incendio ottocentesco; ma il complesso ostiense custodisce anche una prima serie autentica di 42 ritratti papali, da San Pietro a Innocenzo I (417), fatta eseguire ad affresco nel IV secolo da papa Leone Magno. Dopo l’incendio della basilica i medaglioni furono staccati e trasferiti nel museo sistemato nell’attiguo monastero insieme ad una ricca collezione di epigrafi dell’antica basilica.

 

 

“A farci vedere il mondo è stato Walter Bonatti”, così ci racconta Stefano Ardito

Fino al 6 marzo, presso l’Auditorium Parco della Musica di Roma, è possibile visitare l’emozionante mostra Walter Bonatti. Fotografie dai grandi spazi, un collage di straordinarie fotografie in grande formato che illustrano l’uomo Bonatti in tutte le sue forme: alpinista, esploratore ma soprattutto fotografo.

Con l’occasione vogliamo divulgare queste riflessioni di Stefano Ardito apparse nel gennaio 2009 su «Alp», pochi mesi prima che la stessa rivista, nata nel 1985, venisse chiusa dall’editore. Bonatti è venuto a mancare meno di due anni dopo.

 

Il debito di una generazione
Scuola media “Virgilio” di Roma, anno scolastico 1965-‘66. Sull’antologia di italiano, accanto a Carducci e Manzoni, compare qualche pagina di Walter Bonatti, tratta da Le mie montagne, in cui l’alpinista lombardo racconta la traversata a piedi dello Hielo. Qualcuno ha l’incarico di leggere ad alta voce. Poi, dal banco accanto al mio, si alza una mano: “professoressa, ma dov’è la Patagonia?”. “No, no, dev’essere un errore, macché Patagonia. Forse vuol dire la Palagonìa, la più bella villa di Palermo!”.
Ricordo quella frase come se fosse stata pronunciata ieri. Ricordo anche di essermi cucito la bocca – sapevo tutto, a casa avevo Le mie montagne e si comprava ogni settimana «Epoca» – perché anche a dodici anni è evidente che far fare una figura di m… a un professore non è una buona tattica da usare a scuola. Molto più tardi, da padre, ho scoperto negli insegnanti dei miei figli delle lacune altrettanto impressionanti.
L’ignoranza di quella professoressa siciliana non era solo una lacuna privata. In quegli anni, nella scuola e nelle famiglie italiane, si conosceva una geografia circoscritta. «Airone» e Geo&Geo erano di là da venire, e con loro L’isola dei famosi e i documentari di «National Geographic» e Sky. Imparavamo a memoria gli affluenti del Po e i luoghi delle Guerre d’Indipendenza e dei Mille. Dell’Africa, dell’Oceania e dell’Asia non ci facevano studiare quasi nulla.
I nostri padri ci raccontavano di Addis Abeba, di El Alamein e del Don, i nonni di Gorizia, del Piave e del Carso. Grazie ai libri (Salgari, Jack London e Kipling) e al cinema sapevamo qualcosa dell’India, dei Caraibi, del “grande Nord” e del West. Il K2 di Compagnoni e Lacedelli era un’icona nazionale. Chi andava in montagna con la famiglia o con il CAI aveva sentito nominare l’Everest.
I réportage di Walter Bonatti, in quella piccola Italia chiusa su sé stessa, hanno avuto l’effetto di una finestra finalmente aperta sul mondo. Accanto a Calatafimi e Custoza, a Trento e a Trieste e a qualche amba abissina teatro di lontani massacri sono entrati nelle nostre case il Ruwenzori e lo Yukon, il “polo del freddo” siberiano e Capo Horn, i pigmei delle foreste del Congo e i varani dell’isola indonesiana di Komodo.

Walter-Bonatti-2
In un paese come il nostro, spesso occupato a guardarsi l’ombelico, è stata una piccola, grande rivoluzione. Grazie a Walter e grazie a Nando Sampietro, il direttore di «Epoca» che gli ha dato praticamente carta bianca, i grandi spazi selvaggi della Terra sono entrati nelle case di centinaia di migliaia di italiani.
Era un fenomeno già avvenuto negli Stati Uniti, dove la ricerca della frontiera è da due secoli un mito nazionale e il «National Geographic» diffonde da decenni qualche milione di copie. Il mondo è di casa anche in Gran Bretagna, dove gli eroi dell’esplorazione – il capitano Cook negli oceani, Burton e Speke verso le sorgenti del Nilo, Scott e Shackleton in Antartide, Younghusband e John Hunt in Himalaya – sono sempre stati venerati come icone della patria e dell’Impero.
Niente del genere, invece, era mai accaduto in Italia. Un paese che pure, dai tempi di Marco Polo e Cristoforo Colombo a quelli del Duca degli Abruzzi, un contributo all’esplorazione del pianeta lo ha dato. Ad aprire le nostre scricchiolanti finestre, a farci vedere il mondo, è stato Walter Bonatti. Qualcosa del genere, nei medesimi anni, ha fatto in ambienti completamente diversi Folco Quilici, con le sue immagini dei mari del Sud e dei Caraibi arrivate nei cinema, in televisione e sulle riviste.
Cosa resta, oggi, del mondo esplorato da Bonatti? Walter, con i suoi toni drastici, ha scritto più volte che l’equipaggiamento di cui dispongono i viaggiatori di oggi, a iniziare dai telefoni satellitari e dai GPS, ha tolto gran parte del valore alle avventure compiute dopo di lui. Con tutto l’affetto che ho per Walter credo che questo non sia vero. Anche il Duca degli Abruzzi o Shackleton avrebbero potuto dire “non vale!” se avessero saputo degli aerei che hanno reso accessibili i luoghi più lontani della Terra, e dell’abbigliamento termico che negli anni Cinquanta ha reso finalmente possibile salire gli “ottomila”.
Viaggi come le traversate polari di Børge Ousland, l’Antartide di Reinhold Messner e Arved Fuchs, le circumnavigazioni di Mike Horn intorno al Circolo Polare Antartico e all’Equatore dimostrano che lo spazio per l’avventura esiste ancora. E nemmeno il più grande degli avventurieri (o degli alpinisti, ovviamente) può permettersi di dire alle generazioni future che non hanno più spazio per sognare e per mettersi in viaggio.
Per capire cosa resta del mondo esplorato e vissuto da Walter bisogna da un lato dare un’occhiata ai cataloghi dei tour-operator d’avventura, ormai presenti in tutti i paesi ricchi del pianeta, e in tutti quelli poveri che sono destinazioni di questi viaggi.
Molti dei luoghi percorsi e raccontati dall’alpinista di Bergamo nei suoi 101 viaggi esplorativi puntigliosamente elencati in un’appendice di Una vita così sono oggi regolarmente presenti nei cataloghi di queste agenzie specializzate, e spesso attrezzati con rifugi, piste di atterraggio e quant’altro.
Altre delle mète di Walter sono cambiate per motivi diversi, dall’afflusso continuo di migranti verso l’Amazzonia o il Sahara, alle terribili guerre che squassano ogni pochi anni le verdi colline del Ruanda e del Congo. La tigre di Sumatra, sulle tracce della quale Bonatti ha passato quaranta durissimi giorni, è stata cacciata fino a un passo dall’estinzione.
C’è un pezzo di eredità di Walter Bonatti, però, che è fatto di cuori, di cervelli, di passione. Chi era ragazzo o giovane negli anni in cui i testi e le immagini di Walter uscivano sulle pagine di Epoca ha oggi un’età compresa tra i quasi cinquanta e i sessanta e più. Per qualcuno di loro – e certamente per chi scrive – i réportage di Bonatti hanno indicato una strada.

Walter-Bonatti-1
Sarebbe interessante chiedere a molti colleghi giornalisti e fotografi – penso a Daniele Pellegrini, a Mario Verin, ad Aldo Pavan, ad Alberto Campanile, a Massimo Cappon, a Bruno Zanzottera, e poi a tanti altri – che hanno scelto di girare il mondo per lavoro con una macchina fotografica e un taccuino quanto ognuno di loro pensa di dovere a Walter.
La stessa domanda andrebbe fatta a chi fa lo stesso con una telecamera. E magari anche a “ragazzi” come Vittorio Kulczycki (Avventure nel Mondo), Alberto Addis (Kel 12), Piero Ravà (Spazi d’Avventura), Renato Moro (Focus) e altri ancora che hanno ideato e continuano a gestire i tour operator italiani specializzati in montagna e avventura. Per avere un quadro completo, dato che Bonatti è sempre stato un personaggio globale, bisognerebbe fare la stessa domanda a giornalisti, documentaristi e organizzatori di viaggi di molti altri paesi.
Per quello che mi riguarda non ho dubbi. La mia scelta di vivere raccontando storie di montagna, di avventura e natura alternando la penna, la macchina fotografica e la telecamera è figlia dei miei anni di alpinismo, della voglia di libertà respirata dal ’68 in poi, di tante altre cose. Ma anche, e per un bel pezzo, è figlia di quelle serate romane passate a sfogliare le pagine di «Epoca» e a sognare. Grazie Walter.

Giubileo 2016, la mappa e la guida per visitare la basilica di San Pietro di Roma

Per muoversi al meglio e senza difficoltà, consigliamo ai pellegrini che raggiungeranno Roma durante l’Anno Santo la Mappa del Pellegrino e Roma Medievale e Cristiana, la guida di Roma per scoprire le bellezze della Città Eterna. Offriamo un assaggio in questo testo scritto dall’autrice Maria Antonietta Bonaventura, che vi farà venire la voglia di vedere con i vostri occhi queste meraviglie architettoniche.

La piazza e il colonnato
La visita ha inizio dalla piazza, incredibile esempio di perfetta armonia ottenuta dall’accostamento di svariati elementi realizzati in date ben diverse. Fra queste spicca il 1586, anno del celebre, difficilissimo trasporto dell’obelisco che svetta al centro della piazza stessa. Il monolite fu trasportato per volere dell’imperatore Caligola dall’egiziana Eliopoli fin qui, sul Vaticano, per essere collocato al centro della spina del circo, a qualche centinaio di metri di distanza dalla splendida posizione attuale. Solo con la costruzione della basilica rinascimentale si pensò di spostarlo nella grande piazza antistante: dopo un primo tentativo di Paolo II nel 1471, nel 1586 Sisto V riuscì finalmente a realizzare l’arduo trasferimento, con l’impiego di 800 uomini e 150 cavalli. Nel 1613 Carlo Maderno realizzò la fontana di destra, mentre la fontana di sinistra fu sistemata da Gianlorenzo Bernini fra il 1667 e il 1677, a completamento del nuovo assetto determinato dal colonnato. La spettacolare serie di ben 288 colonne, inframmezzate da 88 pilastri e ordinate in quattro file, con il suo abbraccio dà l’immagine di una generosa, ospitale accoglienza alle folle di visitatori e pellegrini provenienti da ogni parte del mondo. Ed è davvero un peccato che ovvie necessità di sicurezza si siano in parte sovrapposte al perfetto disegno berniniano, con passaggi obbligati delimitati da invasive transenne.

Basilica-San-Pietro-Roma
La Basilica di San Pietro risale al 320 d.C. circa, quando Costantino fece erigere sul luogo dove Pietro subì il martirio una grandiosa Basilica, che restò in piedi per più di un millennio. Agli inizi del XVI secolo Papa Giulio II affidò all’architetto Donato Bramante la costruzione del più vasto santuario di tutta la Cristianità. La nuova basilica fu completata più di cento anni dopo con la facciata di Carlo Maderno (1612). All’estrema destra del portico si trova la Porta Santa, aperta in occasione dei Giubilei.
L’interno colpisce per la sua armoniosa imponenza e per la ricchezza di opere d’arte. Spiccano, tra tutte, la Pietà di Michelangelo, il baldacchino e la cattedra del Bernini, la statua in bronzo di San Pietro. Sulla grandiosa basilica domina con i suoi 92 metri di altezza la cupola di Michelangelo, completata dopo la sua morte (1564) da Giacomo della Porta. Nei Musei Vaticani, posti all’interno dei rinascimentali appartamenti papali, sono custodite architetture, decorazioni pittoriche e collezioni di opere d’arte che rivaleggiano tra loro in importanza e bellezza. Di eccezionale interesse la Cappella Sistina con il Giudizio Universale e la volta di Michelangelo.

Ti auguriamo un buon Cammino Giubilare con le Guide e le Mappe Iter!

Scopri la Città Eterna camminando con la guida Roma Antica

2016: Giubileo della Misericordia. Se hai scelto di venire in visita a Roma in occasione dell’Anno Santo, ti proponiamo la guida turistica di Roma per scoprire al meglio le bellezze della città. Così Maria Antonietta Lozzi Bonaventura ci racconta le origini di Roma nel primo itinerario della guida Roma Antica.
“Tutto cominciò qui, a piazza Bocca della Verità, nel luogo dell’antichissimo Foro Boario, il primo mercato di Roma. Anzi, il mercato grazie al quale nacque Roma. Allora, circa dieci secoli prima di Cristo (o forse più), questo fazzoletto pianeggiante di terra si apriva verso il fiume, proprio nell’ansa dove si era formata l’isola Tiberina. Oggi la situazione appare profondamente cambiata, per via della costruzione dei muraglioni di contenimento del Tevere e dei terrapieni dei lungotevere, che dalla fine dell’Ottocento separano irrimediabilmente la città dal suo fiume, per evitarne le inondazioni.
Qui appare con evidenza quanto i fattori accidentali che plasmano il territorio possano influire sulle vicende storiche. Osserviamo il corso del fiume dal vicinissimo ponte Palatino, sorto al posto del più antico ponte romano, il Sublicio (traffico permettendo: l’operazione è consigliabile soprattutto nelle tranquille mattinate festive). La corrente, piuttosto impetuosa, urta con forza contro la curva che chiude l’ansa. L’arcata mozza dell’attiguo ponte Rotto, crollato più volte nel corso dei secoli, testimonia l’inutilità dei tentativi di opporsi all’impeto del fiume. Solo modificando la collocazione del manufatto ed avvalendosi di tecniche moderne è stato possibile averne ragione, realizzando il ponte su cui ci troviamo, rafforzato da recenti opere di consolidamento.
Il brusco rallentamento della corrente provocato dall’urto si combinò in questo punto con la presenza di un nucleo di tufo nel letto del fiume, sul quale si accumularono gli strati alluvionali. Di qui la nascita dell’isola, la cui presenza facilitò enormemente l’attraversamento del Tevere.

Campidoglio

Prima di lasciare il ponte, soffermiamoci ad osservare sul muraglione di sinistra, poco più a valle, lo sbocco della cloaca Massima, il collettore principale del grandioso sistema di drenaggio che bonificò le valli paludose intorno al Campidoglio e al Palatino. Le acque che riversava nel Tevere erano fondamentalmente pulite; secondo la testimonianza di numerosi scrittori latini, in questo tratto di fiume si pescava in età romana il pesce più prelibato per la tavola imperiale, soprattutto storione.”

Al prossimo itinerario!

  • 1
  • 2